Opere “non-opere” quelle che a partire da questi giorni, e per un anno intero, portano a Villa Panza la magia di James Turrell e Robert Irwin. Lavori storici e nuove installazioni per due tra i massimi esponenti del minimal
Due avventurosi collezionisti. Un viaggio negli Stati Uniti, tra California e Arizona, a caccia di nuovi talenti. L’incontro con un giovane artista che non propone quadri né sculture. Non ne ha bisogno. La sua magia sta nella capacità di prendere il tempo tra le dita e trattenerlo, in tutta la sua stupefacente e totale bellezza. Una delle finestre dello studio guarda sull’infinito. La sua contemplazione è arte, che sorge spontanea e dirompente dal cuore di chi guarda.
Siamo nel 1973. Il giovane artista è James Turrell, destinato a diventare uno tra i maggiori esponenti del minimalismo. E quella coppia di collezionisti risponde al nome di Giuseppe e Giovanna Panza. Nasce un rapporto di complicità che trasforma la grande casa che i due abitano alle porte di Varese, oggi scrigno custodito dal FAI, in uno tra i più splendidi teatri per l’arte contemporanea. A quarant’anni da quell’incontro il sodalizio si rinnova. Magnificamente arricchito.
Sono una ventina le opere di Turrell e quelle di Robert Irwin, altra grande firma del minimal, al centro della completa mostra allestita grazie alla collaborazione con il Guggenheim di New York e il LACMA di Los Angeles a Villa Panza. Uno spazio plasmato nel corso degli anni dai due artisti, che aprono scorci sul paesaggio circostante forando muri e scoperchiando tetti, lasciando che il mutare della luce naturale crei situazioni di poetica suggestione. Fragili ed effimeri equilibri, per un evento della durata di un anno intero: è il passare dei giorni e delle stagioni a mutare la percezione delle installazioni.
I grandi interventi degli Anni Settanta si legano con sublime armonia a stupefacenti site-specific. La Column alzata nel 2011 da Irwin è delicatissimo prisma riflettente, che cattura la luce delle finestre e disegna caleidoscopici arcobaleni; impressionante invece il Ganzfeld creato nella Scuderia Grande da Turrell. Una scatola bianca in grado di annullare la percezione dello spazio, accogliendo uterina uno spettatore bombardato di emozioni. Costretto ad un intimo faccia a faccia con se stesso.