L’arte di Amar Kanwar a Vienna. Tra politica e ambiente

17 Dicembre 2013


Il giornalismo d’inchiesta? Sono gli artisti, oggi, a condurlo con una puntualità, un rigore ed una libertà intellettuale che molte grandi testate internazionali sembrano aver smarrito. L’ha fatto Alfredo Jaar documentando la tragedia della guerra in Ruanda e il dramma silenzioso dello sfruttamento indiscriminato delle risorse energetiche in molte zone dell’Africa; lo fa oggi Amar Kanwar, portando al Thyssen-Bornemisza di Vienna il grido di dolore della sua India.

Potrebbe essere un paradiso la città di Orissa, affacciata sul Golfo del Bengala e premiata da un contesto ambientale di lussureggiante ricchezza. Si rivela in realtà inferno quotidiano per una natura imbarbarita dall’industria del riso; una tradizione antica, condotta da sempre nel rispetto del delicato e fragile rapporto tra uomo e terra. Oggi devastata, stuprata, impoverita senza ritegno e senza apparente possibilità di salvezza.

Kanwar si fa narratore commosso e insieme combattivo. Racconta lo stato dell’arte attraverso due video ampiamente evocativi – The Scene of Crime  e A love story  – intrecciando la memoria di un passato in rapido e inarrestabile disfacimento con gli spettri di un futuro irrimediabilmente segnato. Piangendo il crollo di quella architettura sociale che per secoli ha segnato il passo di una antropizzazione equilibrata, rispettosa, amorevole.

Imponente, impressionante l’installazione presentata un anno fa a dOCUMENTA ed oggi riallestita nel museo viennese: con The Sovereign Forest  Kanwar costruisce una scatola gigante, scrigno dove conservare le sterminate varietà di riso prodotte nella regione di Orissa e minacciate dal rischio di un’estinzione indotta dalla voracità delle grandi industrie e dai gruppi di potere che, tra corruzione e intimidazioni, puntano su un’agricoltura devastante ma altamente speculativa.

[nella foto: Amar Kanwar, The Sovereign Forest, 2013 – photo Stephan Wyckoff/TBA21]