Monet a Pavia. Tra pittura e… videoarte!

16 Dicembre 2013


Mai recensione negativa funzionò così bene da talismano, involontario portafortuna, come quella malaugurata recensione negativa che coniando il termine “impressionista”  intendeva irridere, svalutare e bistrattare un movimento destinato invece a cambiare il destino dell’arte. C’è anche una copia di quella testata uscita quasi un secolo e mezzo fa, ed oggi conservata negli archivi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, nella mostra che a Pavia celebra il genio di Claude Monet.

Una retrospettiva intrigante quella che indaga la parabola creativa del padre dell’Impressionismo, con una selezione di opere – non molte per quantità, ma tutte ottime per qualità intrinseca e valenza storica – che si fonda in modo significativo sulla poetica della pittura en plein air. Passando dalle marine colte in Bretagna, cariche di intense pennellate pastose, arrivando infine alle esplosive tonalità dei celebri giardini di Giverny, costellati di stupende ninfee.

Accolti fino a febbraio nell’elegante allestimento delle Scuderie del Castello Visconteo anche pezzi che documentano il rapporto di Monet con maestri ed allievi. E due tra i suoi più straordinari capolavori: appartengono a due delle serie dipinte dall’artista maturo, reiterazione febbrile e quasi esasperata del medesimo tema, i due pezzi più importanti della mostra: una versione del celeberrimo Waterloo Bridge, dipinta a Londra; ed una della mitica Cattedrale di Rouen.

Sei ritratti, sei volti, sei storie; voci e parole che riverberano lungo il percorso espositivo: narratori d’eccezione che interpretano con delicata poesia passi ispirati ai carteggi intrattenuti dal maestro con i suoi allievi, amici, committenti e confidenti. I quadri si alternano a schermi LCD, le immagini fissate oltre un secolo fa sulla tela si affiancano a video di grande impatto, con attori a prestare il proprio volto a chi Monet l’ha conosciuto, acco