Gli enigmi di Escher in mostra a Reggio Emilia

24 Gennaio 2014


Ci sono scale che non portano a nessun luogo, rincorrendosi in labirintiche spirali da sogno. Piani sfalsati che si intrecciano e intersecano, costruendo realtà mai così virtuali, frutto di una mente eclettica e visionaria, capace di mettere in crisi la percezione visiva e la concezione che abbiamo dello spazio in base alle nostre esperienze sensibili. È l’enigma dell’assurdo a dominare l’immaginario di Maurits Cornelis Escher.

A più di quarant’anni dalla morte, l’artista olandese viene omaggiato dalla imponente retrospettiva accolta – fino a fine marzo – nelle sale di Palazzo Magnani a Reggio Emilia. Nasce un viaggio appassionante, intenso e carico di suggestione nello straordinario estro creativo di un protagonista eclettico del Novecento; figura che ha saputo creare, attraverso il ripensamento delle geometrie tradizionali, nuovi modi di ragionare sulla percezione che l’uomo ha di ciò che lo circonda.

Nascono da lontano i lavori di Escher, i suoi fascinosi dedali di cunicoli e strade, passaggi segreti per un mondo altro rispetto a quello a cui siamo abituati. Nella predilezione per la tecnica della stampa, tra xilografie a colori e litografie, c’è il riferimento alla grande tradizione nordica inaugurata da Dürer; ma anche quello alle carceri di Giambattista Piranesi, primo straordinario e avveniristico esperimento di architettura utopistica.

Ma nella mostra di Reggio Emilia si può anche riconoscere il rapporto tra il lavoro di Escher e gli artisti del Novecento. Partendo in modo paradigmatico dalla stagione del Futurismo: tra ardite scomposizioni e mozzafiato voli planari, le opere dei vari Severini, Balla e Depero suggeriscono illuminanti letture critiche. Restituendo la fotografia di un artista pienamente connesso con la scena culturale del suo tempo.