Michelangelo Pistoletto: una performance per L’Aquila

14 Aprile 2014


Il cuore ferito d’Italia. Colpito con ferocia dalla brutalità della natura, terribile nello scuotere la terra la notte di quel 6 aprile 2009; e poi ancora umiliato e offeso dagli scandali e dalle polemiche in merito a una ricostruzione ancora lontana dal dirsi conclusa con successo. Il dramma del sisma che ha colpito l’Abruzzo resta crudele testimonianza del mix vizioso che lega fatalità ed errori dell’uomo; ferita che anche l’arte – nelle ultime ore – ha provato a suturare.

Cade nei giorni in cui si ricorda il quinto anniversario del terremoto la performance collettiva inscenata da Michelangelo Pistoletto a L’Aquila, seme di speranza in un futuro che sappia guardare al territorio con maggiore sensibilità. Non una firma come le altre quella di Pistoletto, da tempo impegnato in un lavoro di risveglio etico delle diverse comunità, chiamate grazie al linguaggio dell’arte relazionale a modificare in senso virtuoso il proprio rapporto con l’ambiente.

Prima l’incontro con la popolazione, in primis gli studenti: un confronto alla pari di grande intensità quello ospitato nell’Auditorium del Parco della città, che ha evocato nella sua schietta sincerità le leggendarie lezioni pubbliche di Joseph Beuys. Artista demiurgo, così come Pistoletto, figura politica nel senso più maturo del termine, lontano quindi da ogni possibile devianza elettorale. Poi, a seguire, l’intervento vero e proprio.

Un abbraccio collettivo tra uomini e donne di tutte le età, un disegno di corpi che tracciano sulla terra battuta antistante l’Auditorium il simbolo del Terzo Paradiso: doppio segno di infinito, intrecciato, pensato da Pistoletto come immagine di perfetta congiunzione tra uomo e natura. A ogni partecipante un secchio, oggetto che rimanda ai lavori degli innumerevoli cantieri della ricostruzione, riempito di acqua colorata. Elemento vitale, segno di rinascita versato con delicatezza a terra. A tracciare un effimero acquarello di speranza.