Apre finalmente a Firenze il Museo Novecento: trecento opere, dal Futurismo agli Anni Ottanta, da Giorgio de Chirico a Giulio Turcato, raccontano il rapporto tra la città del Rinascimento e il contemporaneo.
L’esigenza si sentiva da tempo. Almeno dal 1966, l’anno della terrificante alluvione; momento in cui il decano degli storici dell’arte italiani, Carlo Ludovico Ragghianti, si fa primo portavoce dell’istanza di dotare Firenze di una grande museo di arte moderna. Un luogo dove risarcire la città del silenzio in cui è sprofondata la sua storia recente, comprensibilmente ma immeritatamente obliata dai fasti dell’epoca rinascimentale. Uno spazio che oggi, a distanza di quasi mezzo secolo, apre finalmente i battenti.
Nasce nella centralissima piazza Santa Maria Novella, nei tremilacinquecento metri quadri che furono del trecentesco Spedale delle Leopoldine, il nuovissimo Museo Novecento: quindici sale per raccontare il rapporto che con Firenze hanno intrattenuto alcuni tra i più grandi maestri del secolo scorso. Con un’esposizione che attinge alle ricchissime collezioni civiche, proponendo trecento opere a rotazione: cambiando quindi spesso temi, percorsi, suggestioni.
Si passa così senza soluzione di continuità dalle sculture Anni Quaranta e Cinquanta dei vari Marino Marini, Mirko Basaldella, Francesco Messina e Luciano Minguzzi agli enigmatici fotomontaggi del leggendario gruppo Superstudio; dalle tele di mostri sacri come Giorgio de Chirico, Felice Casorati, Gino Severini, Mario Sironi e Ottone Rosai alla modernità di Carla Accardi e Giulio Turcato, Emilio Isgrò e Mario Nigro.
L’allestimento, finemente giocato nel dialogo con la multimedialità, propone un viaggio negli stili e nelle scuole che hanno contrassegnato il secolo breve; arrivando a lambire con Carlo Guaita, Maurizio Nannucci e Antonio Catella la più prossima contemporaneità. Sempre mantenendo un duplice sguardo, locale e nazionale – quando non internazionale – fotografando la realtà di una città che ha saputo smarcarsi con maturità dai limiti di una eredità culturale tanto magnifica quanto ingombrante.