Roma, Macro: dall’astrazione all’optical.

14 Giugno 2014


Kansas City chiama, Buenos Aires replica, Roma risponde. In un dialogo che avvicina percorsi originali eppure complementari, visioni parallele che hanno segnato un percorso non convenzionale all’interno dell’avventura dell’arte del Novecento: partendo dall’astrattismo per lanciarsi, a partire dagli Anni Sessanta, verso geometrie che preludono ai sublimi giochi optical e alle seducenti evoluzioni dell’arte cinetica.

Sono cinquanta le opere che fino a metà settembre raccontano, al Macro, una parabola eclettica e affascinante; così come è stata letta, per il Museo de Arte Contemporáneo di Buenos Aires, da Joe Huston, curatore con una solida esperienza alla direzione della collezione Hallmark di Kansas City. Una triangolazione che propone firme importanti della scena nord americana e grandi nomi italiani, arrivano – specie con le ultime generazioni – a sondare una scuola argentina che sorprende per maturità e vitalità.

E così la Dinamica circolare  dipinta negli Anni Sessanta da Marina Apollonio, labirintico incastro di cerchi concentrici straniante nel contrasto tra bianco e nero, si specchia nelle elegantissime trasparenze di solidi sovrapposti di Hannes Beckmann; là dove i lisergici acrilici di Gabriela Böer occhieggiano, negli ultimi anni, alle strutture policrome che vedono Giovanni Anceschi, con mezzo secolo di anticipo sull’era del digitale, preconizzare il concetto di pixel.

Stupefacente la modernità dei tragitti creativi di Getulio Alviani e Franco Grignani, così come la freschezza dei lavori di Gene Davis e Francis Hewitt; limpidissimo il filo rosso che lega visioni al limite del fantascientifico con un solido background ancorato ai caposaldi del Novecento – valga su tutti l’omaggio che nel 1948 Juan Melé tributa a Mondrian. Nella narrazione di un cammino che nell’arco di appena cinquant’anni sa prima anticipare, poi confermare, la più stringente contemporaneità.