Non poteva non essere futuribile l’allestimento della sala che, alla Galleria Nazionale di Cosenza, accoglie da questi giorni in esposizione permanente oltre sessanta opere di Umberto Boccioni. Un piccolo museo nel museo, omaggio all’artista da parte della sua terra natia.
Le teche seguono un andamento curvilineo, agendo nello spazio con un elegante e sinuoso movimento; segnando un allestimento dinamico, raffinatissimo nelle finiture bianche che astraggono le opere da ogni possibile riferimento e le consegnano all’eternità. Dopo quasi cinque anni di lavori la Galleria Nazionale di Cosenza perfeziona e apre finalmente al pubblico la sala dedicata ad uno tra i più grandi artisti calabresi di tutti i tempi. Umberto Boccioni.
Sono oltre sessanta le carte di Boccioni acquisite a metà degli Anni Novanta dal Ministero dei Beni Culturali e destinate – fin da subito – ad essere esposte nella regione che ha dato i natali ad uno dei protagonisti assoluti del Futurismo. Non nella natia Reggio Calabria, ma proprio a Cosenza: a compimento di un processo di riqualificazione del museo della città, restaurato e riaperto solo nel 200. Ed oggi arricchito di una preziosa collezione che testimonia l’estro di un protagonista indiscusso del Novecento.
Incisioni a punta secca ed acqueforti, ma soprattutto disegni, questi ultimi realizzati seguendo una pluralità di tecniche che spazia dal carboncino alla matita, dalla penna alla china: la Galleria Nazionale offre una preziosa indagine sullo stile di Boccioni, documentando la sua attenzione per i temi più disparati: dall’architettura utopista fino alle intimità del ritratto, arrivando ai fondamentali studi sulla resa plastica del movimento. Riflessione determinante per la maturazione del Futurismo stesso.
Completano l’esposizione permanente due opere iconiche: da un lato il pastello Gisella , in comodato d’uso dalla Banca Carime, in dialogo con la puntasecca del 1907 che ritrae in collezione il medesimo soggetto (nella foto); dall’altro, immancabile, una fusione delle Forme uniche nella continuità dello spazio donata al museo da Carlo Bilotti. Pezzo simbolo dell’arte italiana del primo Novecento, capolavoro assoluto della irripetibile stagione delle avanguardie storiche.