Dalle incisioni di Dürer alle serigrafie Andy Warhol; da Rembrandt a Robert Capa. Una mostra al Minneapolis Institute of Arts documenta l’estetica dell’omicidio, osservando come l’arte ha scelto di trattare un tema mai così difficile e inquietante
La Storia dell’uomo? È tinta di una inquieta sfumatura rosso sangue: quella che accompagna l’interminabile serie di omicidi, assassinii e uccisioni che hanno segnato da sempre il corso degli eventi. A cominciare dal racconto biblico, che non perde tempo nel presentarci colui che – con una efficace forzatura – possiamo considerare come il progenitore di tutti i killer: Caino ovviamente, terribile colpevole della morte del fratello Abele.
È un percorso inquieto ma incredibilmente carico di suggestioni quello in mostra in questi mesi negli Stati Uniti, al Minneapolis Institute of Arts. Teatro di The Art of Murder : una ricerca puntuale, compiuta lungo lo spazio di cinque secoli di storia, indagando attraverso grafiche, disegni e – con l’arrivo alla modernità – collage e fotografie l’estetica perversa del Male. Osservando cioè come i grandi maestri di ieri e di oggi hanno trattato uno tra i temi più difficili di sempre.
Una buona parte del percorso espositivo indugia sul tema del sacro, considerando la stessa raffigurazione del corpo martoriato di Cristo come simbolo decisivo per la definizione di caratteri estetici diventati canone. Grazie alle incisioni di Dürer e Rembrandt ad esempio, ma anche ai lavori di Salvator Rosa e Mattia Preti, questi ultimi non del tutto liberi dal morboso gusto per l’orrido proprio della stazione barocca.
Dalla contemplazione all’informazione, dall’ispirazione religiosa al senso per la cronaca: è attraverso le tavole ottocentesche di Daumier che ci avviciniamo ai giorni nostri. Alle fotografie di Robert Capa e alle iconografie di Andy Warhol; ai pastiche visuali di Robert Rauschenberg, che ritaglia dai tabloid i volti di Martin Luther King, Janis Joplin, John e Robert Kennedy, costruendo dolorosi palinsesti contemporanei.