Federico Fellini, Peter Greenaway, Joel-Peter Witkin: questo il pantheon di Lorenzo Vittuti, giovane artista veneziano che debutta a Londra con la sua indagine fotografica dedicata a una città che cambia. Nel colore.
Ha cominciato con il cinema, come assistente di un maestro dell’eros come Tinto Brass, per poi finire – il diavolo e l’acqua santa! – a lavorare per la Disney. Un percorso eccentrico ed eclettico quello del veneziano Lorenzo Vitturi, progressivamente sedotto dal linguaggio della fotografia: passione tanto bruciante da portarlo alla scelta di chiudere con la settima arte per dedicarsi in via esclusiva allo scatto. Con risultati più che incoraggianti.
Debutta a Londra, nei locali della Photographers’ Gallery, la surreale indagine visuale di un giovane protagonista della scena italiana, candidato a ruolo di next big thing dell’arte contemporanea del Bel paese. Un lavoro, il suo, che intende documentare attraverso il filtro surreale di un enigmatico calembour cromatico le trasformazioni che animano la capitale britannica. Senza però guardare agli aspetti macroscopici delle grandi rivoluzioni urbanistiche; semmai ai caratteri più intimi.
Terreno di caccia è, per Vitturi, il mercato cittadino di Daltson: piattaforma per incontri tra culture, nell’incrocio che vede sullo stesso piano giovani rampanti colletti bianchi della City e indaffarati immigrati in arrivo da ogni angolo del globo. Ma soprattutto regno del colore, luogo che si accende di quei cromatismi che sono la linfa per la ricerca estetica di un artista che guarda a Fellini, Greenaway, Witkin.
“Non esiste un mercato in bianco e nero” ha dichiarato Vitturi in una recente intervista, certificando così la propria assoluta devozione alle tinte, alle nuance, alla capacità della luce di scolpire le più diverse tonalità. Tornendo così il reale, creando esperienze visive che documentano pienamente il fluire del tempo; rivelando allora in tutta la loro potenza il senso di costante rigenerazione che vivono le nostre città. E le comunità che le abitano.