Kafka secondo Sciarrino. In scena a Venezia

21 Ottobre 2014


Chi è l’eroe attorno cui ruota l’azione? Un presunto colpevole, stritolato dagli ingranaggi di una legge che non fa giustizia: rivelandosi appesantita dai cavilli di una burocrazia asfissiante e ammorbante, zavorra che genera angosce insopprimibili. Questo il tema de La porta della legge , pagina d’opera che Salvatore Sciarrino ha composto ispirato dal racconto-parabola che Franz Kafka usa, come efficace intermezzo nel cuore del suo Il processo .

Un lavoro prodotto dal Teatro dell’Opera di Wuppertal, già applaudito – era il 2010 – al Lincoln Center Festival di New York; un’opera che solo oggi arriva con la sua prima messa in scena italiana, in cartellone dal 24 ottobre al Teatro Malibran di Venezia. Vicenda che, implicitamente, dà ancora più sostanza ad un libretto che prende Kafka a pretesto per mettere in luce le storture e i buchi neri che limitano la vita non solo culturale del Bel paese.

Una scenografia scarna, quasi nuda quella disegnata da Jürgen Lier, nel rispetto del carattere minimale della musica di Sciarrino: autore capace di trasformare l’avanguardia in canone riconosciuto, diventando protagonista assoluto della scena della classica contemporanea internazionale. Compositore intenso, drammatico: teatrale nel caricare di soverchiante forza espressiva persino i silenzi che spezzano le sue potenti trame sonore.

Nel dialogo a tre voci messo in scena per la regia di Johannes Weigand, con il basso-baritono Ekkehard Abele a intrecciare il proprio canto con quelli del controtenore Roland Schneider e del basso Michael Tews, tutta la disperata solitudine e l’inestinguibile sete di giustizia sociale di chi si sente vittima di immotivati soprusi. Dichiarata fotografia, impietosa ma fedele, delle irrisolte tensioni che agitano l’Italia.

[nella fotografia: Salvatore Sciarrino – foto Luca Carrà © RaiTrade]