Dall’Amazzonia al sud-est asiatico, alla ricerca degli ultimi luoghi incontaminati del mondo: il monumentale progetto fotografico di Sebastião Salgado arriva al cinema. Nell’ultimo film di Wim Wenders
Da un lato c’è l’attività del fotografo: il lavoro quotidiano di racconto e testimonianza, la narrazione dei luoghi più affascinanti del mondo. Dall’altro c’è l’impegno concreto, un tipo di contributo che interviene in modo deciso a salvaguardia di aree tanto belle quanto fragili. Per dare conto della duplice anima di Sebastião Salgado, l’artista e il filantropo, ci voleva un maestro del racconto. Che risponde al nome di Wim Wenders.
C’è attesa per l’uscita nelle sale italiane, il prossimo 23 ottobre, per Il sale della terra , ultima fatica del regista tedesco. Un lavoro si presenta forte del successo al Festival di San Sebastian, da sempre vetrina per il cinema di qualità, e di quello riscosso a Cannes: dove ha conquistato il primo premio nella sezione Un Certain Regard . Un viaggio struggente, alla scoperta degli ultimi paradisi rimasti sulla Terra.
Wenders accompagnaSebastião Salgado e il figlio Juliano nel folto dell’Amazzonia e nelle lussureggianti foreste dell’Africa, tra le vette andine e nelle oasi tropicali del sud-est asiatico: seguendo il reporter nella sua monumentale azione di archiviazione visuale delle biodiversità. E dando conto del suo ammirevole progetto di rimboschimento di vaste aree del Brasile, amatissima terra natia, devastata dalla cupidigia delle multinazionali.
“Salgado non ha soltanto consacrato Genesis, la sua ultima monumentale opera, alla natura” ha spiegato Wenders, “ma è proprio la natura ad avergli permesso di non perdere la sua fede nell’uomo” . Proprio Genesis , dopo le tappe di Venezia e Roma, è in mostra fino al 2 novembre a Milano, nella storica cornice di Palazzo della Ragione. Con quasi duecentocinquanta scatti che raccontano con commossa empatia le ultime meraviglie della Terra.