Lou Reed e i Green Day nella Hall of Fame

17 Dicembre 2014


Con l’approssimarsi della fine dell’anno si rinnova il rito della comunicazione delle star inserite nella Rock and Roll Hall of Fame, il museo delle star creato a Cleveland quasi trenta anni fa; tempio sacrario che certifica in modo inappellabile – come fanno le stelle sulla Walk of Fame  di Hollywood per il cinema – l’ingresso di questo o quell’artista nel catalogo degli eroi del rock. E come accade ogni anno non mancano le sorprese.

Sorprende, infatti, che una figura del calibro di Lou Reed non facesse già parte dell’esclusivo club: il nome dell’ex Velvet Undeground, scomparso nell’ottobre del 2013, è quello più altisonante della schiera di nuovi arrivi che verranno presentati ufficialmente la prossima primavera. Insieme a quello tributato a Reed anche altri riconoscimenti postumi: al re della chitarra blues Stevie Ray Vaughn (morto nel 1990) e alla Paul Buttersfield Blues Band, che perse il proprio leader nel 1987.

Se l’omaggio a Lou Reed appare più che dovuto vale lo stesso per la “promozione” di Ringo Starr: il batterista, entrato nella Hall of Fame come membro dei Beatles nel 1988, era l’unico componente del gruppo a non averlo fatto anche in solitaria, ottenendo dunque un plauso anche per la sua carriera solista. Come era stato invece per John Lennon (nel 1994), Paul McCartney (nel 1999) e George Harrison (nel 2004).

Perché tanto ritardo? Le regole parlano chiaro: si entra nella Rock and Roll Hall of Fame non prima che siano trascorsi venticinque anni dalla pubblicazione del proprio primo album. Ecco perché i Green Day hanno dovuto attendere fino ad ora per ottenere l’atteso trionfo: la band californiana celebra nel migliore dei modi l’importante anniversario dell’uscita di 1.000 Hours , arrivato nei negozi proprio nel 1989.