Concetto Spaziale, Attese – capolavoro realizzato da Lucio Fontana nel 1965 – non viene esposto al pubblico da cinquant’anni. Ma sarà presente a Londra il prossimo 10 febbraio, quando l’opera verrà battuta all’asta da Sotheby’s.
Tutti gli amanti dell’arte contemporanea conoscono quest’opera, ma pochi hanno potuto vederla: Concetto Spaziale, Attese – capolavoro realizzato da Lucio Fontana nel 1965 – non viene esposto al pubblico da cinquant’anni. Dall’anno dopo la sua creazione, sì, quando Anna-Stina Malmborg Hoglund and Gunnar Hoglund acquistarono l’opera alla Pierre Gallery di Stoccolma.
Da allora, il grande monocromo bianco di Fontana è stato pluri-pubblicato su cataloghi e manuali di storia dell’arte, senza mai allontanarsi dalla collezione privata dei suoi acquirenti svedesi. Fino a oggi, o meglio: fino al prossimo 10 febbraio, giorno in cui l’opera verrà battuta all’asta da Sotheby’s a Londra. Dalla casa d’aste fanno sapere che la tela viene stimata tra i 5 e i 7 milioni di sterline. Tradotto in euro, l’aspettativa per quest’opera va da un minimo di 6 milioni di euro a quasi 9.
Contribuisce a questa incredibile quotazione lo stato – perfetto – in cui si conversa l’opera: garantiscono gli esperti, i 23 tagli prodotti da Fontana sulla tela risaltano ancora magnificamente, sul bianco della superficie rimasta immacolata. Sono solo due, in tutta la produzione di Fontana, le opere monocromatiche con uno sfondo di questo colore, che rimanda all’essenza stessa della tela. Bianca per antonomasia, appunto.
Siamo convinti, però, che alla fama – e quindi al valore economico – dell’opera abbia contribuito il celeberrimo servizio fotografico realizzato dal tedesco Harry Shunk nel 1965, anno in cui Fontana lo invitò nel suo studio e il fotografo poté ritrarlo all’opera.
Le oltre 20 riprese che ne nacquero documentano uno dei gesti più clamorosi della storia dell’arte, con tutto che l’arte contemporanea abbia a più riprese messo in dubbio il suo stesso status quo – e basti pensare al solo Duchamp, che ha esposto un orinatoio “spacciandolo” per fontana.
Quello che compie l’artista italiano non ha precedenti, perché nessuno aveva mai “attentato” alla superficie pittorica, sfondandola non prospetticamente ma fisicamente. Dicendo addio, con un gesto tanto semplice quanto definitivo, alla rappresentazione illusionistica che dal Rinascimento continuava imperterrita a tenere banco.
Lucio Fontana buca la tela non una, ma 23 volte, sotto l’occhio fotografico di Shunk. E da allora il re è nudo: la tela non è più una finestra su un mondo rappresentato, ma inesistente, torna a essere un oggetto tra gli oggetti. Perde un po’ della sua aura, forse, ma di certo avvicina l’arte all’essere umano. Aprendo la strada a quelle ricerche artistiche basate proprio sul rapporto sensoriale, fisico tra autore, opera e spettatore.
[Immagine di apertura: Shunk-Kender © J.Paul Getty Trust. The Getty Research Institute, Los Angeles. (2014.R.20) Gift of the Roy Lichtenstein Foundation in memory of Harry Shunk and Janos Kender.]