Il Museo dell'Eliseo di Losanna festeggia i suoi trent'anni di attività con una mostra dedicata a William Eggleston, co-prodotta con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, che resterà aperta al pubblico fino a marzo 2015.
Il Museo dell’Eliseo di Losanna festeggia nel 2015 i suoi trent’anni di attività, tutti dedicati alla promozione culturale della fotografia contemporanea. Celebra il traguardo in grande stile, con una mostra dedicata a William Eggleston co-prodotta con la Fondazione Henri Cartier-Bresson e la sua curatrice, Agnès Sire. Inaugurata oggi, la monografica William Eggleston – From Black and White to Color resterà aperta al pubblico fino a marzo di quest’anno.
Alla fine degli anni Cinquanta, William Eggleston inizia a scattare fotografie dietro casa, si potrebbe dire, nel Sud degli Stati Uniti. Tutto quello che desidera, dai suoi scatti in bianco e nero impressionati su pellicola 35mm, è che siano all’altezza di quell’Henri Cartier-Bresson la cui Fondazione co-produce oggi una mostra dedicata a lui: “Non potevo immaginare di fare altro che realizzare un perfetto falso”, ha dichiarato Eggleson. Ma la fotografia aveva in serbo per lui ben altri obiettivi, concedeteci il gioco di parole.
Eggleston sviluppa un suo stile originale nell’arco di poco tempo, prima ancora di passare alla fotografia a colori. La sua è un’iconografia della vita quotidiana negli Stati Uniti, con tutte le icone della sua banalità: supermercati, bar, stazioni di rifornimento, automobili e fugaci apparizioni di individui sperduti in spazi immensi, altrettanto anonimi.
“Ho dovuto prendere atto della necessità di avventurarmi in territori inesplorati”, ha detto il fotografo della sua scelta poetica. Una dichiarazione degna di un reporter di guerra, se non fosse stata Eggleston a farla. E a concluderla, anche, riportando la pura e semplice realtà dei fatti: “La novità dell’epoca erano i centri commerciali, così ho fotografato quelli”.
La sensibilità di Eggleston non è da dare per scontata, perché fino alla mostra dei suoi scatti al MoMa, nel 1976, il banale e il non-artistico potevano trovare posto nella fotografia concettuale ma difficilmente c’era chi era disposto a documentarli in quanto tali. Figurarsi percepirne la novità. L’occhio di William Eggleston registra invece sottili differenze e ricorrenti ossessioni di questi microcosmi, che siano sale d’aspetto o soffitti di stanze male arredate. Ne dinamizza gli spazi attraverso inquadrature non convenzionali, ne estremizza le cromie. “Sintetiche”, nè più nè meno di quelle della nascente fotografia a colori.