Inaugura oggi al Montclair Art Museum nel New Jersey (Stati Uniti) la mostra Come as You Are: Art of the 1990s, la prima retrospettiva di ampio respiro dedicata da un museo alle tendenze e agli artisti del decennio trascorso.
“Vieni così come sei, com’eri, come vorrei che fossi”: l’invito di Come as You Are, pronunciato da Kurt Cobain nel 1992, a distanza di due decenni suona ancora più sofferto di quanto già non fosse all’uscita di Nevermind, album che conteneva questa e altre canzoni-manifesto del grunge. Perché, a dispetto del successo discografico, il leader dei Nirvana – seguito poi da Layne Staley degli Alice in Chains – non si riappacificò mai con il suo contesto. Quegli Stati Uniti che negli anni Novanta erano in piena crisi, e la depressione – sociale e individuale – non risparmiava neppure i suoi migliori cantori.
Non fa eccezione al mood del periodo l’ambito delle arti visive, cui il Montclair Art Museum, nello Stato del New Jersey, dedica a partire da oggi la prima mostra di ampio respiro: Come as You Are è il titolo scelto per la retrospettiva. Come la canzone, come un invito a riconciliarsi con un decennio di crisi in cui la cosiddetta arte di protesta stava – a modo suo – lanciando un grido di aiuto a nome dei ceti più esposti – e quindi colpiti – dai cambiamenti sociali in corso.
“Siamo elettrizzati da questa mostra senza precedenti, tutta focalizzata sul ruolo svuolto dall’arte contemporanea nel riflettere le grandi trasformazioni sociali degli anni Novanta”, ha dichiarato la direttrice del museo, Lora Urbanelli. L’esposizione si articola infatti seguendo tre tematiche: il dibattito attorno alle diverse istanze politiche, la rivoluzione digitale e la globalizzazione. Evoluzioni che hanno contraddistinto maggiormente la società a cavallo del decennio esaminato, ovvero dalla caduta del Muro di Berlino, nel 1989, all’attentato dell11 settembre 2001.
Tra i diversi artisti in mostra, alcuni godono già di una certa fama e, soprattutto, di una storiografia avviata. Felix Gonzalez-Torres, per esempio, è presente con Untitled (Portrait of Dad) del 1991, un’opera monumentale realizzata verso la fine della sua vita e dedicata proprio alla riflessione sul corpo umano, capace di gesta eroiche eppure intimamente fragile.
L’opera è composta di tantissime caramelle – i prodotti dolciari, sì – rovesciate di fronte ai visitatori, che sono invitati a prenderne una. Gli ottanta chili della scultura – il peso medio di un essere umano – sono quindi destinati a diminuire inesorabilmente, fino alla scomparsa totale dell’opera. Una prospettiva in prima battuta tragica, riscattata però dal subentrare di una seconda riflessione: per quanto minuscolo, ciascun visitatore ha portato con sé un pezzetto di quell’opera. Un sacrificio, quello dell’arte e dell’artista, che ha reso la vita migliore allo spettatore, addolcendogliela almeno per un momento – in senso letterale.