Una coraggiosa mostra nella città curda di Amouda, in Siria, ha presentato al pubblico i reperti portati alla luce da una missione archeologica italiana che, nonostante conflitti e difficoltà, ha condotto trent'anni di scavi e ricerche.
Se i miliziani dell’ISIS distruggono sculture antiche e mandano al rogo biblioteche intere, un motivo c’è: la cultura e la memoria storica sono i peggiori nemici di ogni fondamentalismo e ideologia imposta. La storia insegna proprio l’impermanenza di qualsiasi dettame, religioso o politico che sia; la conoscenza della diversità, dei popoli e delle culture che si sono susseguite, rende meno credibile un’autorità che questa cerca di spacciare la propria legge come l’unica mai esistita.
È in quest’ottica che la mostra di cui vi parliamo assume un valore eroico, diventa un atto di resistenza – pacifico, ma non per questo meno coraggioso – al regime che si sta imponendo con la violenza fisica e psicologica a poche centinaia di chilometri di distanza.
Dal 24 febbraio al 1 marzo, infatti, nella città curda di Amouda si è tenuta un’esposizione per mostrare l’esito di trent’anni di ricerche e scavi nel sito archeologico di Urkesh, antichissima città-stato fondata nel quarto millennio a.C. e tra i più importanti centri della civiltà hurrita. A condurre le ricerche sul campo in tutti questi anni, degli studiosi italiani coordinati da Giorgio Buccellati e sua moglie, Marylin Kelly-Buccellati.
La mostra ha raccontato l’esito di un’avventura straordinaria, ricostruendo l’evoluzione degli scavi e le varie tappe: la scoperta dell’antica cinta muraria della città, quella del tempio principale, l’emersione delle diverse necropoli e delle fortificazioni.
Il tutto, in pieno territorio curdo, nel nordest della tormentata Siria; a poche centinaia di chilometri dai distretti di Ar-Raqqah e Sinjar, caduti sotto l’influenza dell’ISIS, a trecento chilometri da Kobane. Una mostra che è stata, essa stessa, un’avventura straordinaria per chi l’ha allestita come per chi, nonostante il periodo storico, l’ha visitata per rinforzare il legame con il proprio, millenario retaggio culturale.