A Mendrisio, la rassegna ospitata dal Museo d’Arte indaga un’epoca delicata, fatta di inquietudini e spinte creative, di politica, denuncia e nuove questioni sociali. È la storia dell’anarchismo ticinese
Un evento espositivo unisce idealmente due territori separati da un confine: il Museo d’Arte di Mendrisio fa da sfondo, fino al 5 luglio prossimo, a una grande mostra dedicata a un capitolo storico delicato. Addio Lugano bella. Anarchia tra storia e arte. Da Bakunin al Monte Verità, da Courbet ai dada ripercorre appunto la storia dell’anarchismo e dei suoi protagonisti, di cui l’esposizione tratteggia i legami con il territorio ticinese.
Il cinquantennio racchiuso tra gli ultimi trent’anni dell’Ottocento e i primi venti del Novecento fu cruciale per lo sviluppo del rapporto – ormai noto – tra il neutrale contesto svizzero e il movimento anarchico. Dal trasferimento a Minusio nel 1874 di Michail Bakunin, uno dei padri fondatori dell’anarchismo, fino alla presenza costante di numerosi sostenitori di un pensiero politico contrario all’autorità dello Stato, quali Élisée Reclus ed Errico Malatesta, la Svizzera è stata scenario del ricco intreccio di fatti e personaggi associati a una corrente rivoluzionaria.
L’esposizione di Mendrisio presenta una serie di capolavori dell’arte, tra verismo e Avanguardie, disposti lungo un denso percorso tematico. Le tredici sezioni che compongono la rassegna gettano nuova luce sulle complesse questioni socio-politiche cui l’anarchismo tentò di dare una risposta: dal lavoro allo sciopero, dalla denuncia alla lotta contro i poteri forti, fino all’utopia di una nuova società. In ogni caso, appaiono con coerenza i criteri che hanno guidato la scelta delle opere in mostra.
I dipinti di Gustave Courbet e Théophile Alexandre Steinlen richiamano l’esperienza dei Comunardi parigini, mentre gli studi per il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo e le raffigurazioni di Telemaco Signorini, Angelo Morbelli ed Emilio Longoni riportano lo sguardo sull’altrettanto turbolenta situazione italiana.
Gran parte degli artisti di allora, a prescindere dalle etichette stilistiche, si dimostrò sensibile all’inquietudine che attraversava il loro presente e molti dichiararono la propria fede anarchica, rinsaldando la vicinanza tra arte e storia.
Il ricco apparato documentario che completa la mostra vuole testimoniare questo legame attraverso lettere, foto, libri e filmati; rimanda anche a un’altra grande rassegna, ospitata dal Palazzo delle Paure di Lecco fino al 31 maggio, con protagoniste le pubblicazioni satiriche e di denuncia, mezzo usato soprattutto dal movimento anarchico per divulgare la critica al sistema.