Cent’anni fa nasceva una straordinaria icona della musica jazz. Capace di affascinare il pubblico con un timbro vocale suadente e malinconico, la sua carriera è diventata leggenda.
Il 7 aprile 1915 nasceva Billie Holiday, futuro emblema dell’immaginario jazz coniugato al femminile. L’infanzia e l’adolescenza di Eleanora Fagan – questo il suo nome anagrafico – furono dominate da violenza e stenti, culminando in un trasferimento a New York e in una serie di drammatici espedienti per sopravvivere.
La musica si presentò alla giovane come un’occasione di riscatto, trasformandola in breve tempo in una splendida, nuova voce al confine tra jazz e blues. Totalmente autodidatta, Billie Holiday incise il primo album a diciotto anni; seguito a ruota, nel 1935, dalla serie di dischi incisi insieme al pianista Teddy Wilson, che le fecero raggiungere il grande pubblico.
Sullo sfondo della feroce discriminazione razziale verso i neri, Holiday non perse il coraggio di raccontare le propria realtà attraverso la musica, intonando la controversa Strange Fruit nel 1939. La fama garantita da altri celebri brani, come God Bless The Child o Lover Man (Oh Where Can You Be) crebbe insieme alla dipendenza da alcolici e droghe, che causò la morte della cantante a soli quarantaquattro anni.