Aspettando il Salone: le storie di 100 oggetti

11 Aprile 2015

Presenze-biografie-di-cento-oggetti

Cento oggetti, altrettanti prestatori – alcuni dei quali, per mestiere, sono proprio creatori di oggetti – e un nutrito gruppo di biografi a narrare la storia materiale e non soltanto degli elementi raccolti… o inventarne una, laddove le origini dell’oggetto sono sconosciute. Questo, in sintesi, è il concept della mostra Presenze – Biografie inedite di cento oggetti inaugurata lo scorso 23 marzo a Milano, per la precisione nello Spazio Ex Verniciature di Allestimenti Portanuova.

L’esposizione anticipa la Design Week di Milano e in un certo senso si offre come controaltare delle più ortodosse iniziative legate a Salone del Mobile e Fuorisalone. Qui, infatti, gli oggetti non provengono dai circuiti tradizionali del design, né da una qualche grande collezione. Inoltre, non sono ordinati secondo alcun criterio logico o curatoriale: non sono creati dallo stesso progettista, non è possibile accomunarli tutti per lo stile o i materiali impiegati.
Perché dedicare loro una mostra, allora?

Per ricordare che il design non è tanto – o solo – forma e tendenza, ma è la progettazione di un rapporto futuro, che sarà anche emozionale: quello tra l’oggetto realizzato e il proprietario che poi lo utilizzerà, forse affezionandocisi. A tal punto, magari, da non separarsene mai più.
La vita ci spinge a circondarci di oggetti che scegliamo, spesso sembriamo essere scelti dagli oggetti stessi, presenze che occupano le nostre vite e che, quasi inconsapevolmente, costruiscono la nostra storia – afferma uno dei curatori. – Sono cose, nuove o antiche, con un’aura di mistero che diventano importanti per noi e per lo spazio in cui viviamo, lo abitano, lo strutturano e, a volte, lo riscrivono. Questo il motivo primario per cui abbiamo pensato a questa mostra.

Curatori dell’esposizione, e “cercatori” degli oggetti esposti, sono sette professionisti del design – Arnaldo Arnaldi, Audrey Cadonà, Davide Fabio Colaci, Chiara Filios, Maria Alessandra Luccioli, Rossella Tomassini e Silvia Zaul – che hanno convinto amici, parenti e colleghi – da Giulio Iacchetti a Cini Boeri – a separarsi momentaneamente dal “loro” oggetto d’elezione.
Per una volta, invece di chiedere al designer o al collezionista cosa vede nel lavoro esposto, i curatori hanno interrogato gli oggetti stessi, lasciando che fossero loro a raccontare la visione, la mentalità e magari le stesse emozioni di chi li possiede.