Premio Pulitzer per la musica nel 2007, è scomparso oggi a Manhattan il sassofonista che ha rivoluzionato il jazz, recuperandone la matrice black e più istintiva per farne un genere d'avanguardia.
Ha dato il nome a tutto il movimento del free jazz: Ornette Coleman, sassofonista, trombettista e compositore statunitense, è morto oggi a New York, all’età di 85 anni, stroncato da un arresto cardiaco.
Nato e cresciuto a Fort Worth, in Texas, inizia la carriera in orchestre di rhytm’n’blues ed è presto affascinato dalle linee intricate del bebop. Sin dagli esordi, però, il suo stile musicale e il suo modo di suonare si rivelano alquanto atipici, persino in confronto alla rivoluzione rappresentata all’epoca dai boppers: il suo approccio all’armonia e alle progressioni di accordi si rivela molto meno rigido, rispetto a quello dei jazzisti dell’epoca.
Il giovane Coleman preferisce insomma suonare quello che sente in giro, piuttosto che incasellare la sua creatività in strutture armoniche predeterminate.
Da qui, la scelta del termine free jazz per definire la sua musica. Tra il 1959 e la fine dei ‘60 Coleman realizza, in parte per la Atlantic e in parte per la Blue Note, più di 15 album subito acclamati dalla critica e oggi considerati dei classici del jazz. Basti citare il seminale The Shape of Jazz to Come, che il critico Steve Huey ha giudicato “un evento epocale nella genesi del jazz d’avanguardia, un profondo cambiamento di percorso musicale da parte di Coleman, e un guanto di sfida gettato nell’ambiente jazz che alcuni ancora non sono venuti a raccogliere”.
Irrinunciabile, poi, è il disco che ha fatto di lui l’inventore di un nuovo genere musicale: Free Jazz: A Collective Improvisation, l’album più lungo di improvvisazioni jazz mai registrato all’epoca, con i suoi quasi 40 minuti di durata.
Non si contano i riconoscimenti ufficiali che hanno premiato Coleman per il ruolo fondamentale svolto nel fare del jazz un movimento d’avanguardia – artistico e persino politico, se si pensa all’esempio rappresentato dai jazzisti per le comunità afro-americane, negli stessi anni di Martin Luther King e Malcom X. Solo nell’ultimo decennio, il sassofonista ha vinto un Premio Pulitzer (nel 2007, per l’album live Sound Grammar), un Grammy Award e il Miles Davis Award (del festival jazz di Montréal) alla carriera.