Doveva essere solo una ricostruzione temporanea, per un documentario americano sul Colosseo. Invece, il montacarichi per belve diventa il primo passo per riportare l’Anfiteatro romano agli antichi splendori.
Al Colosseo rivive uno dei 28 montacarichi che, ai tempi dell’antica Roma, portavano le belve feroci – ma anche animali più mansueti come struzzi, cervi e felini – dalla prigioni sotterranee all’arena centrale, per gli spettacoli sanguinari con cui il regnante di turno e il suo popolo amavano intrattenersi.
Il macchinario e la botola da cui gli animali uscivano – e spesso anche gli stessi gladiatori – sono stati ricostruiti in 15 mesi, utilizzando materiali e meccanismi identici a quelli originali, sulla base di un progetto di archeologia sperimentale che è stato studiato seguendo le tracce residue nelle murature in tufo del sotterraneo del Colosseo.
Il montacarichi, di 8 metri di altezza e 5 di larghezza, è stato recentemente presentato dal Ministro dei Beni Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, dalla direttrice del Colosseo, Rossella Rea, dal Sovrintendente speciale per il Colosseo e l’Area archeologica di Roma, Francesco Prosperetti, e dal regista Gary Glassman, in rappresentanza della Providence Pictures che ha finanziato il progetto con 200mila euro.
Nel 2013, la società statunitense si era proposta infatti alla Soprintendenza archeologica di Roma per realizzare un documentario che mostrasse il funzionamento del Colosseo. Per lo scopo, era necessario ricostruire almeno uno dei montacarichi. Alla fine il macchinario è stato ricostruito permanentemente e il documentario intitolato Colosseum – Roman Death Trap arriverà presto anche in Italia.