Nell'ultimo decennio, Denise Burt ha realizzato le copertine di circa 300 diversi album di musica classica. Quest'anno, 24 suoi lavori sono stati raccolti in un volume. Perché le sue cover non sono passate inosservate...
Incisioni d’epoca o pacate vedute paesaggistiche che dovrebbero ispirare un lirico raccoglimento in vista dell’ascolto; colori spenti e caratteri tipografici che imitano una qualche grafia settecentesca: diciamocelo, la maggior parte degli album di musica classica non risulta molto accattivante, se dobbiamo giudicare la sola veste grafica. Vero è che l’abito non fa il monaco, ma è assodato che la nostra società contemporanea si basa sempre più sulla comunicazione visiva: avvicinare nuovi ascoltatori alla musica colta significa innanzitutto attirarne l’attenzione, già nei negozi di dischi.
In questo, si è rivelato paradigmatico il lavoro della graphic designer Denise Burt – neozelandese di nascita ma residente a Copenhagen. Al punto, che una selezione di 24 copertine da lei realizzate è stata raccolta nel volume Seeing New Music – Contemporary classical music through the eyes of a graphic designer, una pubblicazione del 2015 che ripercorre in ordine cronologico 10 anni di progetti grafici, dal 2004 al 2014. Il libro non raccoglie neppure un decimo delle cover di Denise Burt che, principalmente per la danese Dacapo Records, ha firmato circa 280 lavori.
Cercare una qualche cifra stilistica nel suo portfolio è un’impresa difficile perché, come spiega la stessa grafica, “quello che mi interessa non è il formato in se stesso, ma la sfida di rappresentare e comunicare una musica concettuale a un nuovo publico”. Per cui, lo scopo di ogni suo progetto di design è far comprendere qualcosa di quelle musiche a chi si ritrova l’album tra le mani, prima ancora di ascoltarlo.
Prendiamo per esempio l’opera Libra di Per Nørgård, incentrata sui concetti di equilibrio e armonia. Per la sua copertina (in apertura dell’articolo), Denise Burt si è guardata bene dal ricorrere al più ovvio dei riferimenti, il segno zodiacale della Bilancia, mentre ha finito per trovare ispirazione nella rappresentazione grafica di dati statistici. “Quando ho visto quelle forme ramificate, organiche, ho pensato alle serie infinite di Nørgård, una tecnica compositiva in cui ripete i motivi musicali, come frattali.”
Spiegato così, l’accostamento è di così facile comprensione, che quasi ci si dimentica che Denise Burt non ha nessuna formazione in campo musicale: per svolgere al meglio il suo lavoro di “comunicatrice visiva”, si è messa ad ascoltare – e comprendere – per prima il soggetto della sua opera.