Addio a Salvo, torinese vicino all’Arte povera

13 Settembre 2015

Salvo-Il-villaggio-2014

È morto ieri mattina, sabato 12 settembre, a Torino, dove la famiglia lo portò a vivere quando era ancora un bambino. Salvo – così si faceva chiamare l’artista torinese Salvatore Mangione, padre della gallerista Norma – si è spento all’età di 68 anni.
Era nato a Leonforte, in provincia di Enna, nel 1947, ma la sua vita la trascorse a Torino dove, sin da ragazzino, rese chiaro che voleva fare l’artista, da grande. E così fu.

Dopo aver preso parte ai movimenti studenteschi sessantottini a Parigi, a Torino Salvo inizia a bazzicare attorno alla galleria di Gian Enzo Sperone e agli artisti dell’Arte Povera, quali Alighiero Boetti, Mario Merz, Gilberto Zorio e Giuseppe Penone.

Senza mai aderire a nessuno dei movimenti allora in fermento, inizia a produrre le sue prime opere, come la serie di 12 autoritratti in cui combina il suo volto con immagini estrapolate da giornali; o le lapidi in marmo su cui incide epigrafi autocelebrative (“Io sono il migliore”) o, ancora, quelle legate ad altre tematiche che poi svilupperà nel corso della sua ricerca artistica, quali il rapporto con la storia e la ricerca dell’Io.
Dall’anno seguente, Salvo si consacra alla pittura: rivisita opere dei maestri del Quattrocento, senza mancare di inserire il suo autoritratto, e inizia a comporre paesaggi italiani dai colori vividi e le forme semplificate.

Dal 1982 – anno della sua prima retrospettiva al Museum van Hedendaagse Kunst di Gand – a oggi, è stato un susseguirsi di esposizioni in Italia e all’estero.
Tra le più recenti, la mostra Quarantanni d’arte contemporanea. Massimo Minini 1973 – 2013, allestita alla Triennale di Milano nel 2013, e Gli anni Settanta a Roma, organizzata lo stesso anno al Palazzo delle Esposizioni di Roma.

[Immagine in apertura: Salvo, Il villaggio, 2014]