Il trasformista della musica non smette di stupire. Dopo l’annuncio del nuovo album, il Duca Bianco incanta il pubblico di Broadway con un incredibile e straniante musical.
L’inconfondibile talento creativo di David Bowie colpisce ancora. In attesa della pubblicazione del nuovo disco, prevista per l’inizio del 2016, il leggendario cantante approda sul palco del New York Theatre Workshop con il musical scritto a quattro mani insieme a Enda Walsh.
Fino alla metà di gennaio, il teatro off-Broadway newyorkese farà da cornice a Lazarus, una complessa, visionaria e coinvolgente opera musicale costruita attorno al repertorio, passato e recente, di Bowie. Anche se il Duca Bianco non compare sulla scena, la sua presenza è percepibile ovunque.
Ideato come sequel del romanzo fantascientifico The Man Who Fell to Earth – firmato nel 1963 da Walter Tevis e fonte di ispirazione per il film di Nicolas Roeg interpretato dallo stesso Bowie nel 1976 – Lazarus riprende la storia di Thomas Newton, un alieno ormai rassegnato a un’esistenza umana.
Diretto da Ivo van Hove, il musical segue le incredibili vicende di Newton – l’extraterrestre approdato sulla Terra per salvare il suo pianeta – ormai condannato, dopo il fallimento della propria missione, a restare tra gli umani. In balia dell’alcool e di surreali allucinazioni, Newton – il cui volto appartiene al talentuoso Michael C. Hall – è circondato da personaggi femminili altrettanto eccentrici, come l’assistente Elly – un’affascinante Cristin Milioti – e l’eterea visione incarnata da Sophia Anne Caruso.
Il fil rouge dell’intera opera è rappresentato dalla colonna sonora, tratta interamente dal repertorio di Bowie. Dai grandi classici come Changes, Absolute Beginners e The Man Who Sold the World fino all’inedito Killing a Little Time, le sonorità ideate dal Duca Bianco rendono l’intera messa in scena ancora più appassionante e al limite dell’onirico, come spesso accade quando ci si addentra nell’immaginario creativo di David Bowie.
[Immagine in apertura: Lazarus, Michael C. Hall e Sophia Anne Caruso. Photograph Jan Versweyveld]