Il cinema italiano dice addio a Ettore Scola

19 Gennaio 2016


Il regista Ettore Scola è morto la sera di martedì 19 gennaio, all’età di 84 anni. A pochi minuti dal primo lancio di agenzia, senza che si conoscesse alcun particolare del tragico evento, online era già un susseguirsi di omaggi a una figura così importante, per la storia del cinema italiano, da essere entrato nel patrimonio di conoscenze collettive.

Nato a Trevico – in Irpinia – nel 1931, è alla città di Roma che si lega presto il nome dell’autore. Trasferitosi all’Esquilino con la famiglia, ancora studente inizia a collaborare come vignettista per riviste umoristiche come Marc’Aurelio. Il passaggio al cinema risale agli anni Cinquanta, quando inizia a scrivere sceneggiature, ma già nel 1964 esordisce alla regia. Quattro anni e arriva il successo, con Ettore Scola che dirige Alberto Sordi, Nino Manfredi e Bernard Blier nel film Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?.

Gli anni Settanta sono quelli della maturità artistica: il regista firma nel 1974 il suo grande capolavoro, C’eravamo tanto amati, dove ai protagonisti – Vittorio Gassman, ancora Nino Manfredi e Stefano Satta Flores – spetta il compito di riassumere un trentennio di storia del Belpaese, grazie anche a una serie di omaggi stilistici di Scola ai suoi maestri (a cominciare da Vittorio De Sica, cui dedica la pellicola).
Il riconoscimento di critica e pubblico – anche a livello internazionale – viene confermato dai film successivi: Brutti, sporchi e cattivi (1976) e Una giornata particolare (1977), con cui Scola si guadagna la prima nomination all’Oscar per il miglior film straniero. Seguiranno altre tre candidature per I nuovi mostri (1978), Ballando ballando (1983) e La famiglia (1987).

L’ ultimo film è del 2013 e vede Scola tornare dietro la macchina da presa dopo una pausa decennale; presentato al Festival di Venezia, Che strano chiamarsi Federico è dedicato a Fellini, con cui aveva condiviso l’esperienza del Marc’Aurelio.