Presso l'ente di Bologna, il programma culturale del 2016 si apre con una doppia mostra dedicata a Jakob Tuggener, fotografo svizzero per la prima volta esposto in Italia.
Con Jakob Tuggener – “uno dei dieci fotografi industriali di maggior spicco che siano mai esistiti”, secondo il curatore Urs Stahel – si apre il nuovo anno della Fondazione Mast di Bologna, che per il 2016 proporrà un ciclo di esposizioni speciali tutte dedicate ai temi dell’industria e del lavoro.
E proprio del fotografo svizzero viene presentata – per la prima volta in Italia – una selezione di 150 stampe originali incentrate sul rapporto tra l’uomo e la macchina: la mostra Fabrik 1933-1953 propone sia una selezione di scatti dall’omonimo libro fotografico di Tuggener (un caposaldo, nel genere) sia altre testimonianze dell’autore sul lavoro e lavoratori nel suo Paese.
Nell’indagare la rivoluzione industriale ormai nel pieno del suo svolgimento, Tuggener si rifa al cinema espressionista degli anni Venti non soltanto nello stile (interpretando la realtà con una sapiente costruzione di luci e ombre, messe a fuoco e inquadrature ravvicinate) ma nell’intento morale: dare un giudizio, oltre la mera testimonianza, a proposito di quel progresso tecnologico che non era affatto estraneo alla guerra in corso, per cui l’industria svizzera si stava adoperando alacremente.
In maniera analoga, la seconda esposizione inaugurata dalla Fondazione Mast lo scorso 27 gennaio presenta un soggetto solo in parte svincolato dalla tematica del lavoro, con il conflitto tra società nel suo complesso e lavoratori delle classi più umili.
Le proiezioni raccolte in Nuits de Bal 1934-1950 mostrano infatti il mondo scintillante dei balli e degli eventi mondani dell’alta società, di Berlino come di Zurigo e St. Moritz, riservando però un angolo “buio” – letteralmente, in quanto destinato a rimanere in ombra rispetto alle dame eleganti e al loro sfoggio di abiti e gioielli – al lavoro di musicisti e camerieri, cuochi e valletti, che attraversano quel mondo incantato come apparizioni fugaci che gli ospiti sembrano persino incapaci di percepire.
Nel contrasto tra le sale da ballo illuminate a giorno e i tetri capannoni industriali, Tuggener riesce a costruire la sua poetica. Che non contrappone “seta e macchine”, come sintetizza il curatore Martin Gasser, ma anzi trova tra i due poli diverse aree di transizione; e in tutto riesce a vedere un soggetto degno di essere rappresentato, nel pieno delle sue potenzialità estetiche.