È giunta nella tarda serata di venerdì 19 febbraio la notizia della morte dell'intellettuale italiano per definizione: Umberto Eco, romanziere, saggista e studioso di semiotica conosciuto in tutto il mondo, scomparso all'età di 84 anni.
È pressoché impossibile riassumere in poche righe, anche solo tratteggiare sommariamente un’esistenza e un’identità culturali profonde, diversificate, imprevedibili e spesso eclettiche come quelle di Umberto Eco, uno degli intellettuali italiani più celebri al mondo, scomparso oggi – venerdì 19 febbraio – all’età di 84 anni.
Ripercorrendo a ritroso una così prolifica attività, un elemento balza subito all’attenzione dei biografi: la volontà dello studioso di non restare isolato, arroccato nella sua ricerca tra testi accademici e polverosi scaffali di biblioteche. Attivo già nella Milano del boom – economico, quindi culturale – Umberto Eco ha sempre mostrato un interesse verso i fenomeni più attuali della società contemporanea, di cui è stato attento analista sia in qualità di accademico (conosciuto a livello internazionale per i suoi studi in ambito semiotico) sia attraverso i suoi più famosi editoriali.
Anche in ambito artistico, Umberto Eco è stato a più riprese indicato come riferimento. La sua figura è stata legata innanzitutto al Gruppo 63, movimento di neoavanguardia letteraria che si dedica alle sperimentazioni linguistiche più radicali, in opposizione a una poetica neorealista ormai in declino.
Pure in questo caso, la produzione di Eco giungerà al grande pubblico grazie a una declinazione della sua ricerca autoriale in chiave più “pop”; a cominciare da Il nome della rosa, godibilissimo romanzo del 1980 a metà tra giallo e ricostruzione storica, che in realtà offre molteplici piani di lettura e si basa su una trama fittissima di rimandi e citazioni, di fatto confermando anche nella narrativa l’interesse di Eco per il linguaggio e la sua capacità di costituire un “codice” a sé stante, oltre a rappresentare il mondo esterno e la nostra conoscenza di esso.