La recente sede milanese della Fondazione Prada apre le porte a un’autrice dalle molteplici sfumature, che mette in scena una riflessione sull’identità umana, fra storia e alta tecnologia.
Artista, curatrice, collezionista e ideatrice di mostre. Sono numerose le definizioni assegnate di volta in volta alla ricerca creativa di Goshka Macuga; protagonista, fino al 19 giugno, di una coinvolgente rassegna ospitata negli ambienti del Podium, della Cisterna e della galleria Sud della Fondazione Prada, a Milano.
To the Son of Man Who Ate the Scroll riunisce nella prestigiosa sede espositiva meneghina una serie di opere site-specific incentrate sui temi chiave attorno a cui ruota la riflessione artistica di Macuga: il tempo, l’origine, la fine, il collasso e la rinascita, rapportati al genere umano.
Creando un sottile ma tenace parallelismo tra la millenaria pratica della retorica e la memoria artificiale, l’artista polacca ripercorre la storia della conoscenza, individuando, nell’ambivalente universo delle attuali tecnologie, un possibile strumento mnemonico, che affiancherebbe la memoria naturale nella conservazione del sapere e della storia. Senza dimenticare il rischio, sempre dichiarato, di un sopravvento della macchine sulla componente organica e mortale dell’umanità.
L’androide esposto al piano terra della Fondazione, concepito da Macuga e prodotto in Giappone da A Lab, declama senza sosta frammenti di discorsi elaborati dai grandi pensatori del passato, mentre al piano superiore la storia del progresso umano viene tradotta in formule e diagrammi dal sistema automatizzato Paul-n, frutto della collaborazione fra l’artista e Patrick Tresset. L’esito è un racconto appassionante, che alterna l’evoluzione dell’umanità e il suo possibile collasso.
[Immagine in apertura: GOSHKA MACUGA: TO THE SON OF MAN WHO ATE THE SCROLL, immagine della mostra alla Fondazione Prada – Milano. Foto: Delfino Sisto Legnani Studio, courtesy Fondazione Prada]