Tra le sale del Musée du quai Branly, ci si può imbattere in Joe Berenson, il robot in sciarpa bianca e cappello in grado di giudicare le opere esposte.
Non ha peli sulla lingua ed è dotato di due macchine fotografiche, una per occhio, il robot Joe Berenson sviluppato a partire da un’idea dell’antropologo Denis Vidal, con il supporto dell’ingegnere robotico Philippe Gaussier.
Presenza d’eccezione all’interno del museo parigino che raccoglie le testimonianze delle culture originarie di Africa, Asia, Oceania e delle Americhe, il robot è stato programmato per manifestare la propria preferenza – con un sorriso – o il proprio dissenso – con un cipiglio.
Questo, perché Joe Berenson riesce a raccogliere e archiviare le espressioni dei visitatori della mostra Persona: Strangely Human, un percorso espositivo dedicato all’intelligenza artificiale e alla sua percezione, di cui è parte integrante.
Grazie alla capacità di registrare informazioni statistiche sui visitatori, l’esperimento che lo vede protagonista potrebbe porre le basi per la definizione di un ruolo con un potenziale interessante, quello del “mediatore robotico del pubblico museale”.
[Immagine in apertura: fonte Musée du quai Branly]