Dei padri fondatori del neorealismo italiano, il regista e sceneggiatore Luchino Visconti è di certo il più "nobile"; letteralmente, in quanto figlio del duca di Modrone ed egli stesso conte di Lonate Pozzolo, ma anche a livello stilistico. Il suo ingresso nel mondo del cinema sarà da subito costellato infatti dalla frequentazione dei grandi intellettuali dell'epoca - come Jean Renoir e Jean Cocteau, conosciuti durante gli anni Trenta a Parigi. Proprio la vicinanza agli ideali della sinistra francese - e poi ai corrispettivi partiti politici italiani, attivi nonostante siano dichiarati illegali dal regime fascista - lo spingerà a concepire un'idea di cinema rivoluzionaria: il racconto realistico della vita più popolare, ai cui drammi quotidiani viene riconosciuta la massima dignità. Un alto senso morale e una fine cultura, uniti assieme, permetteranno a Luchino Visconti di esprimere posizioni politiche attualissime - e pertanto molto discusse - persino nelle più puntigliose ricostruzioni storiche e negli adattamenti filmici di grandi opere letterarie, a cominciare dal 'Gattopardo' di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. L'eredità artistica di Visconti, a distanza di 40 anni dalla sua scomparsa (avvenuta proprio il 17 marzo, nel 1976), è tuttora un punto di riferimento per le nuove generazioni oiù impegnate di registi e autori italiani.