Fino al prossimo 29 maggio, 200 fotografie in mostra al Museo di Roma - Palazzo Braschi delineano la straordinaria poetica di Mario Giacomelli, autore passato alla storia per immagini dal forte contrasto.
Nel linguaggio comune, si dice “fotografare la realtà” per indicare una rappresentazione particolarmente oggettiva di un dato contesto. A pensarci bene, però, resta sempre un margine interpretativo di quella stessa realtà: cosa, quale aspetto si vuole sottolineare? Il particolare o la panoramica, un’azione nell’atto del suo compiersi o la situazione in una fase di stasi?
Per Mario Giacomelli, non ci sono dubbi che tengano: il suo utilizzo insistito del contrasto nell’immagine fotografica – rigorosamente in bianco e nero – va ben oltre una questione stilistica, per diventare un vero e proprio metodo di osservazione.
Nella mostra monografica Mario Giacomelli – La figura nera aspetta il bianco, in corso al Museo di Roma – Palazzo Braschi fino al prossimo 29 maggio, le 200 fotografie esposte variano tanto nel soggetto quanto resta salda la volontà dell’autore di “eliminare il superfluo”.
I paesaggi marchigiani, per esempio, perdono la delicatezza del lento digradare delle colline nelle valli, a tutto favore dei solchi incisi nella terra lavorata dall’aratro; un segno lasciato dall’uomo sull’ambiente che, grazie alle immagini di Giacomelli, trasmette la durezza dell’impresa, di quella vita contadina che siamo spesso tentati di idealizzare.
Idealizzata è sicuramente anche la realtà negli scatti dell’autore in mostra a Roma. Non si tratta mai, però, di una scena a cui è stato aggiunto qualcosa – per abbellirla, per renderla più coerente alle aspettative del fotografo e del suo pubblico; piuttosto, “bruciando” il dettaglio e lasciando emergere grandi campiture e segni, dove il bianco e il nero si alternano senza gradazioni intermedie, al soggetto viene sottratto qualcosa. Per lasciarne un’essenza fatta di contrasti, appunto, di valori assoluti e come tali irriducibili ulteriormente.