Il fotografo iraniano Asghar Khamseh si è aggiudicato l'Iris d'Or e il titolo di miglior fotografo dell'anno in una delle più prestigiose competizioni internazionali, i Sony World Photography Awards. A convincere la giuria, la sua denuncia di una sistematica violenza.
Sono vivi, ma la loro esistenza non sarà più la stessa. In alcuni casi, gli occhi sono l’unico retaggio della loro esistenza passata a non essere stato toccato.
Una vita bruciata, letteralmente: i soggetti ritratti dall’iraniano Asghar Khamseh, eletto Photographer of the Year ai Sony World Photography Awards 2016, sono stati sfigurati dall’acido, secondo una pratica che – oltre all’aggressione fisica di inaudita violenza – mira appunto a cancellare la vita sociale di chi ha osato rifiutare una proposta di matrimonio, chiedere il divorzio o esprimere il suo dissenso, che fosse all’interno delle mura di casa o sul lavoro.
Il fuoco dell’odio – Fire of Hatred, così si chiama la serie con la quale il fotografo si è aggiudicato l’Iris d’Or – lascia segni permanenti non soltanto nel corpo e nella psiche, ma in tutto il tessuto della collettività, che alle vittime non perdona la loro esistenza.
I ritratti di Asghar Khamseh, allora, diventano denuncia della violenza subita e dello stesso stigma sociale.
Un atto di coraggio – quello di mostrarsi all’obiettivo come di puntare l’obiettivo sulle cicatrici – che si contrappone precisamente all’aggressione: affermando la propria presenza, la propria identità senza cedere alla vergogna come vorrebbero gli aguzzini. Dimostrare loro che non sono riusciti a cancellare la vittima, anzi: è lì, guarda negli occhi il pubblico internazionale, a farsi guardare da questo. In un confronto visivo che lega i soggetti a una società addirittura più ampia di quella d’appartenenza, invece di relegarli nella zona d’ombra dell’oblio.
[Immagine in apertura: © Asghar Khamseh, Iran, Winner, Professional, Contemporary Issues, 2016 Sony World Photography Awards]