Inaugurata lo scorso 21 maggio, la Fondazione La Fabbrica del Cioccolato è molto più di un tradizionale museo: nel cuore di una fiabesca valle del Canton Ticino, in Svizzera, interventi di arte pubblica e un ambizioso programma biennale vogliono trasformare l'impianto industriale in un nuovo centro di produzione. Di idee e cultura...
“L’intervento degli artisti può modificare la percezione delle cose e dei luoghi. E suggerire allora soluzioni, nuove possibilità.” Così Daniel González spiega il senso del suo lavoro site specific Paper Building – e di Kamchatka ’16, realizzato in parallelo dalla veronese Anna Galtarossa – presso la neonata Fondazione La Fabbrica del Cioccolato; istituzione che, a dispetto del nome fiabesco, affonda le sue radici nella storia del Canton Ticino e di una valle in particolare, quella di Blenio. Poco a nord a di Bellinzona, infatti, sorge tuttora l’ex complesso industriale Cima Norma: complice innanzitutto il ruolo di propulsore economico avuto dall’impresa cioccolatiera per il territorio circostante, la fabbrica e la valle hanno saputo “legare” i rispettivi destini sin dai primi anni del Novecento.
Con l’opening ufficiale della Fondazione, lo scorso 21 maggio, il sito di archeologia industriale ha iniziato ora una seconda vita. La fabbrica non è stata però riadattata a “semplice” museo, rimanendo più vicino a quella vocazione produttiva che ne ha visto la nascita. Il programma del direttore artistico Franco Marinotti punta a fare della nuova istituzione un laboratorio: una fucina di idee invece che di prodotti, luogo per preservare e permettere l’evoluzione di pratiche artigianali; secondo uno spostamento dell’economia locale dal settore secondario a quello terziario, dalla produzione di massa alla creazione di unicità, com’è tipico della società postindustriale.
Se il contrasto tra fabbrica e paesaggio montano si è rivelato fruttuoso per la comunità svizzera, il “nuovo corso” della Cima Norma sembra proprio indirizzarsi lungo lo stesso solco: per i prossimi due anni, le attività culturali si svilupperanno tutte attorno al concetto di Foreignness – o “estericità”, secondo il neologismo coniato proprio per tradurre la condizione positiva di non-appartenenza a un luogo, al cui patrimonio si possono quindi apportare contributi originali, non per forza in opposizione.
Da una parte, infatti, Anna Galtarossa porta la sua Kamchatka ’16 nel “luogo della memoria” degli abitanti della valle. Trait d’union tra gli elementi “esterici” dell’artista e l’ex fabbrica è l’idea del percorso su “strada ferrata” – in senso letterale – che l’artista globetrotter invita a compiere individualmente tra i suoi ricordi raccolti in giro per il mondo, che ha ripensato per il piano superiore dello stabilimento. I binari, lungo i quali si dipana il percorso espositivo, sono un retaggio dell’industria stessa, che ne faceva uso per il trasporto delle materie prime lungo la catena della produzione manifatturiera.
Analogamente, Daniel González è intervenuto all’esterno della Fondazione dialogando con il contesto. La nuova facciata della fabbrica, un gigantesco monocromo che ricorda il bianco dell’architettura razionalista svizzera, non si sostituisce all’esistente – tant’è, le centinaia di metri quadrati di carta sono state applicate con un collante completamente degradabile: se ne prende cura, liberandola da decenni di ridipinture per riportarla allo stato di tabula rasa, su cui è possibile – o no, spetterà agli abitanti scegliere – scrivere una nuova storia.
[Immagine in apertura: Daniel González, Paper Building, 2016, Fondazione La Fabbrica del Cioccolato, Dangio-Torre (Svizzera), courtesy dell’artista. Immagine nell’articolo: Anna Galtarossa, Kamchatka’16, 2016, Fondazione La Fabbrica del Cioccolato, Dangio-Torre (Svizzera), courtesy dell’artista]