Fino al 20 luglio al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone la mostra 'Dell’infingimento. Quello che noi crediamo di sapere della fotografia' analizza il sottile confine tra realtà e finzione.
Quanto c’è di vero nelle immagini che osserviamo? E nei capolavori realizzati dai grandi nomi della fotografia internazionale? Con le opere di 16 interpreti di fama internazionale, la mostra Dell’infingimento. Quello che noi crediamo di sapere della fotografia, al via il 14 maggio al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (MB), indaga la specifica capacità del mezzo fotografico di originare “una realtà mediata dalla finzione“.
A partire da esemplari provenienti dalla Collezione Malerba – nata nel 1990 dalla passione dei coniugi Mila e Alessandro, divenuta punto di riferimento in Italia per la fotografia storica e contemporanea – il percorso espositivo a cura di Alberto Zanchetta ed Elio Grazioli, accosta autori italiani e internazionali in una ricerca attraverso i generi. Il mondo rivelato dagli occhi di artisti come Luigi Ghirri, Thomas Struth, Nobuyoshi Araki, Mino Di Vita, Lukas Einsele, Annabel Elgar, Joan Fontcuberta, John Hilliard, Renato Leotta, Tracey Moffatt, Yasumasa Morimura, Olivier Richon, Thomas Ruff, Hyun-Min Ryu, Alessandra Spranzi, Thomas Struth e Kazuko Wakayama in cosa differisce da quello osservato da “occhi comuni”? Quali equivoci e inganni si celano dietro un’immagine fotografica?
Sono queste alcune delle questioni poste dalla mostra, che si rivela capace di stimolare al coinvolgimento diretto gli stessi visitatori, invitandoli ad un’analisi accurata. È il caso offerto, ad esempio, dalla visione delle fotografie di Nobuyoshi Araki che utilizza una maschera per dissimulare il proprio aspetto; sulle stesso registro si collocano anche quelle realizzate della giapponese Yasumasa Morimura, celebre per impiegare la sua stessa fisicità nell’interpretazione delle dive cinema – Marlene Dietrich, Sophia Loren, Marilyn Monroe – o delle icone dell’arte come Frida Kahlo o di altri personaggi storici.
Un’occasione, come ha messo in evidenza il curatore Zanchetta, che consente di interrogarsi sulle potenzialità della fotografia: “Ad esempio, l’idea della “(messa in) posa” corrisponde a quello della “messa in scena”, vale a dire un infingimento. Giocando sulle analogie tra fotografia e teatro, tra camouflage e spettacolo, la mostra presenta alcune opere che sottendono ad artifici e mascheramenti“. A Dell’infingimento. Quello che noi crediamo di sapere della fotografia è associato un catalogo edito da Fondo Malerba per la Fotografia.
[Immagine in apertura: Olivier Richon, After Joseph Wright, 1990, c-print, cm 137 x 103]