Los Angeles replica l'esperienza già avviata a Zagabria: dal 4 giugno le relazioni fallite e le loro memorie troveranno posto nel singolare Museum of Broken Relationships, la cui mostra inaugurale propone un 'viaggio emotivo' nella vasta gamma dei rapporti interpersonali naufragati.
Cosa resta di una relazione d’affetto – una storia d’amore, un’amicizia, un rapporto con i colleghi di lavoro o quello tra genitori e figli – quando, per varie ragioni, cessa di esistere? Con l’intento di indagare il concetto di fine e le numerose tipologie di relazioni fallite, a partire dagli strascichi che si lasciano alle spalle, anche negli Stati Uniti apre i battenti il Museum of Broken Relationships.
Divenuto in breve tempo un indirizzo molto frequentato a Zagabria – il primo museo di questo tipo è infatti sorto nella capitale croata, da un’idea della coppia di artisti Olinka Vištica e Dražen Grubišić in seguito alla rottura della loro relazione – il progetto sbarca ora a Los Angeles, nel cuore di Hollywood.
Con un percorso espositivo che si snoda attraverso sei sale – cui va a sommarsi uno spazio privato, il cosiddetto “confessionale”, nel quale i visitatori potranno appuntare pensieri e ricordi in forma completamente anonima e lasciare oggetti la cui vicinanza già procura loro del dolore – il museo intende offrire l’opportunità di superare il “collasso emotivo” vivendo un’esperienza catartica e di creazione.
Chi ne varcherà la soglia potrà “toccare con mano” le emozioni e le memorie racchiuse negli oggetti e nelle storie vissute da altre persone, un’operazione che potrebbe contribuire sia a comprendere come la sofferenza per il distacco sia una forma universale di dolore, sia a trasformare il senso di sconfitta in un’ottica di positività.
In un mondo nel quale l’impronta digitale appare prevalente, il Museum of Broken Relationships emerge come luogo nel quale i ricordi – innanzitutto nella loro natura fisica – tornano ad avere un ruolo di primo piano.
[Immagine in apertura: The Museum of Broken Relationships, Los Angeles; photo by Matt Weir]