Trae ispirazione dal romanzo 'Il mio nome è Rosso', del premio Nobel Orhan Pamuk, la mostra 'Il mio nome è cavallo': attraverso il soggetto animale, comune a molti popoli della Terra, l'esposizione si interroga sulla questione cruciale della convivenza. Fino al 25 settembre, allo Studio Museo Francesco Messina di Milano.
Sono 20 le opere, tutte raffiguranti soggetti equini, selezionate in occasione della mostra Il mio nome è cavallo, appuntamento espositivo – a ingresso gratuito – ospitato presso lo Studio Museo Francesco Messina di Milano e promosso in partnership con l’Institut du Monde Arabe di Parigi.
A testimonianza dalla preziosità delle opere esposte, proprio la celebre istituzione francese ha concesso in prestito uno scalpitante cavallino, scolpito su un frammento di giara e scoperto a Susa, nell’Iran occidentale; dal canto suo, il Louvre ha eccezionalmente concesso una testa di cavallo sasanide, rinvenuta a Kerman, nell’Iran sud-orientale.
Con reperti risalenti all’epoca della Roma antica, dell’Impero Ottomano e anche attraverso opere realizzate nel periodo rinascimentale e nel Seicento, Il mio nome è cavallo impiega il soggetto come punto di contatto di popoli distanti tra loro, sia cronologicamente sia geograficamente.
In culture tanto diverse, il cavallo sembra divenire una presenza unificatrice di alto valore, come già ipotizzato dal romanzo Il mio nome è Rosso di Pamuk cui la mostra esplicitamente si ispira.
Dando centralità al tema della convivenza fra culture e popoli, l’appuntamento espositivo promosso dal Comune di Milano – Servizio Case Museo e Progetti Speciali, prodotto da Officina Libraria con il Patrocinio di ICOM – International Council of Museums e ideato da Maria Fratelli, dirigente del servizio Case Museo del Comune di Milano, si avvale della curatela dalla storica dell’arte Chiara Gatti e del progetto di allestimento degli architetti Fabio Fornasari e Lucilla Boschi, che hanno scelto di evocare le atmosfere mediorientali.