Oltre 700 anni di geniale creatività si raccontano fra le sale del museo lombardo, nell’ambito di una rassegna che celebra l’inestimabile patrimonio artistico nazionale attraverso le opere custodite nelle collezioni private.
La storia dell’arte italiana affascina da sempre studiosi e appassionati. Proprio l’epopea artistica del Belpaese è al centro di Da Giotto a de Chirico, la mostra allestita fino al 6 novembre presso il MuSa di Salò e curata da Vittorio Sgarbi (in apertura, una installation view, fonte Facebook).
Riprendendo le fila della rassegna Il tesoro d’Italia, andata in scena all’Expo di Milano 2015, l’evento lombardo introduce una variante fondamentale: tutte le opere presenti in mostra provengono da collezioni private e dunque rappresentano dei veri e propri tesori “nascosti”, la cui visione è normalmente preclusa al grande pubblico.
Sul filo di una linea temporale che percorre più di 700 anni, Da Giotto a de Chirico mette in fila alcuni dei più importanti capolavori artistici italiani, aprendo l’itinerario espositivo con due teste muliebri in marmo, ritenute le prime sculture nostrane, realizzate da un maestro della metà del Duecento, cui fanno seguito tre opere giottesche. È poi la volta della scuola lombarda – rappresentata, fra gli altri, da Bernardino Luini, Tanzio da Varallo e Giacomo Ceruti – e di quella veneta, con Tiziano, Veronese e Pietro Longhi, solo per citarne alcuni.
In una cavalcata attraverso i secoli e le regioni italiane, si giunge fino agli autori dell’Ottocento – come Domenico Morelli, Antonio Mancini, Giovanni Boldini – e del secolo scorso, simboleggiato dalle preziose opere pittoriche di Giorgio de Chirico, Felice Casorati, Alberto Savinio e Renato Guttuso, alle quali si affiancano quelle dei loro contemporanei.