Le emoticon entrano nella storia dell’arte. E al MoMA

31 Ottobre 2016


Spesso non si ha bisogno di parole, per esprimersi. Soprattutto da quando molte delle nostre conversazioni avvengono attraverso internet e i vari sistemi di messaggistica digitale: a integrare la comunicazione scritta, se non a sostituirla del tutto in alcuni casi, sono ormai subentrate le emoticon.
Inizialmente erano semplici combinazioni di caratteri e segni di punteggiatura, che letti in sequenza ricordavano faccine stilizzate e altri simboli grafici; presto, sono divenuti smile e altre piccole icone con cui abbiamo ormai familiarizzato, le emoji.

L’importanza culturale di questi elementi visivi ha portato il Museum of Modern Art di New York a inserirli nella propria collezione permanente: la serie di 176 simboli disegnati dal giapponese Shigetaka Kurita, per la compagnia telefonica NTT DoCoMo, sarà esposta sui monitor nell’atrio del museo.
L’iniziativa è stata promossa dalla curatrice del dipartimento Architettura e Design del MoMA, l’italiana Paola Antonelli, che già in precedenza aveva scelto di includere altri artefatti digitali all’interno della collezione: per esempio, nel 2014 il museo ha acquisito 14 videogame, tra cui i leggendari Pong e Tetris.