Uno degli artisti più inquieti e talentuosi del Novecento italiano approda nella Capitale, con una mostra che ne ripercorre la travagliata carriera e ne omaggia l’inconfondibile stile.
Genio tormentato e autore di una pittura tragica e viscerale, Antonio Ligabue, scomparso nel 1965, è protagonista dell’omonima retrospettiva allestita tra le sale del Complesso del Vittoriano – Ala Brasini fino all’8 gennaio 2017, a cura di Sandro Parmiggiani.
Un centinaio di capolavori offrono una dettagliata panoramica storico-critica sulla produzione di un artista il cui talento fu riconosciuto solo a posteriori, avendo la meglio sui pregiudizi e gli ostracismi che accompagnarono l’esistenza del pittore.
Originario della Svizzera tedesca, Ligabue raggiunse la cittadina di Gualtieri, in provincia di Reggio-Emilia, nel 1919, dopo essere stato espulso dal Paese natale. Sulle rive del Po, incontrò Renato Marino Mazzacurati, esponente della Scuola Romana, che ne assecondò l’inclinazione creativa, introducendolo all’uso della pittura a olio.
Suddivisa in tre sezioni cronologiche, la mostra ripercorre la storia artistica di Ligabue dagli esordi agli anni Sessanta, lasciando emergere la sua straordinaria attitudine espressionista e i soggetti a lui più cari. Dagli animali al mondo naturale fino ai celebri autoritratti, la pittura di Ligabue testimonia un immaginario fatto di colori accesi e di un’emotività non mediata, libera di esprimersi toccando le corde della disperazione e, al contempo, della meraviglia.
[Immagine in apertura: Antonio Ligabue, Leopardo nella foresta, s.d. (1956-1957), P. III, Olio su tavola di faesite, 54 x 54 cm, Collezione privata]