Fino al 26 febbraio 2017, il Centro Archivi MAXXI Architettura ospita un allestimento incentrato sulla speciale relazione che univa uno dei maestri del Novecento italiano al Giappone. Una passione ricambiata dalla fortuna critica di cui Scarpa godette presso la stampa nel Paese del Sol Levante.
A Roma, la nuova stagione espositiva del Maxxi si concentra, con particolare interesse, sul Giappone. Infatti, oltre alla mostra The Japanese House. Architettura e vita dal 1945 a oggi, fino al 26 febbraio 2017 il Centro Archivi dell’istituzione capitolina accoglie gli esiti della ricerca condotta da Elena Tinacci sul rapporto tra Carlo Scarpa e il Paese del Sol Levante.
Il progettista di capolavori dell’architettura italiana del Novecento, come il Museo di Castelvecchio a Verona, si recò in Giappone – su invito di Cassina – solo nel 1969, ma le citazioni orientali erano già da tempo parte integrante della sua distintiva visione degli spazi, interni ed esterni. A testimoniarlo, numerosi documenti, progetti, disegni, realizzati prima e dopo l’esperienza diretta in terra nipponica, che rivelano la capacità dell’architetto di fare propria la ricerca dell’equilibrio e dell’armonia insita nella cultura del paese asiatico.
Attraverso opere conservate nell’Archivio Scarpa e alcune presenze d’eccezione – come i 27 scatti realizzati da Gianni Berengo Gardin alla Tomba Brion nel 1972, disposti in apertura del percorso espositivo – la mostra restituisce l’interesse di Scarpa verso il Giappone attraverso lo studio della sua architettura, della letteratura e delle tradizioni. Senza rinunciare a mettere in risalto anche le altre influenze sulla sua produzione, tra cui le teorie di Wright, di Mies van der Rohe e le opere orientaliste di Ezra Pound.
[Immagine in apertura: Tomba Brion, padiglione sull’acqua, San Vito d’Altivole 1969-1978]