Dancing in Emilia, con le fotografie di Gabriele Basilico

21 Febbraio 2017


Si concentra su una serie realizzata da Gabriele Basilico nel 1978, la mostra Dancing in Emilia al via il 22 febbraio a Milano, allo spazio Nonostante Marras.
Curata da Francesca Alfano Miglietti, e resa possibile grazie alla collaborazione dello Studio Gabriele Basilico, la rassegna riunisce una serie di immagini che il grande fotografo firmò su incarico del mensile di architettura e design Modo.

Presentata per la prima volta nel 1980 alla Galleria Civica di Modena, dove nel 2013 è stata di nuovo proposta, la mostra apre un varco nella produzione di uno dei maestri della fotografia contemporanea, rivelando la sua lettura non solo dei nuovi spazi del divertimento dell’epoca, ma anche “dei comportamenti, dei trasformismi, dei rapporti generazionali, dell’evolversi del costume e della moda“.
Immortalando le discoteche e le sale da ballo che in breve tempo si diffusero fra Parma e Ravenna, frequentate da un pubblico numeroso e indifferenziato, Gabriele Basilico dà vita al ritratto di un’Italia in cui i ritmi della tradizione, a partire dal liscio, vengono via via affiancati dalle sonorità provenienti dall’estero.

Come ha osservato Giovanna Calvenzi nel volume Dancing in Emilia, “Basilico ricerca con i suoi soggetti un rapporto recitato, dove le immagini nascono dalla performance collettiva e dall’interazione fotografo-fotografato. La sua comprensione e la sua partecipazione, inizialmente solo parziali, si ampliano nello svolgersi del lavoro. Indirizza dapprima la sua analisi critica verso gli spazi, gli imbottiti di plastica, il plexiglass, i neon e i finti ori, gli oblò e il peluche. Poi, con un deciso slittamento dall’incombenza professionale, passa dagli arredi e dai decori al pubblico, alla ricerca di momenti emblematici, di volti, di situazioni. Gente che balla, ritratti, il flash scava nel buio e ferma momenti, gesti, sorrisi, presenze e assenze, è strumento di indagine ma anche e soprattutto segno di riconoscimento, l’avvertimento dell’operazione in corso, un “memento” per chi vuole sfuggirgli e un punto di riferimento per chi, in processione spontanea, vuole essere parte della rappresentazione che il fotografo sta mettendo in scena”.