La lunga attesa nel braccio della morte, raccontata da Luisa Menazzi Moretti

11 Aprile 2017


10 anni e 87 giorni: è il tempo che in media, prima di andare incontro al peggiore dei destini – la pena capitale – un detenuto trascorre nel braccio della morte. Un tempo infinito, un tempo denso di ricordi ed emozioni indescrivibili, che i condannati non possono raccontare se non a se stessi, nella solitudine delle proprie celle.

Interrompe questo flusso di pensieri forzosamente in solitaria, per esplicitarlo al pubblico in tutto il suo dramma silenzioso, il progetto fotografico Ten Years and Eighty-Seven Days/Dieci anni e ottantasette giorni realizzato da Luisa Menazzi Moretti nel carcedere di Livingston, in Texas, luogo con il maggior numero di esecuzioni in tutto l’Occidente democratico.
In mostra presso il Museo Santa Maria della Scala a Siena, dal 13 aprile al 4 giugno prossimi, le 17 fotografie di grande formato – esposte come opere singole, dittici e trittici – e i 9 testi che le accompagnano, tratte da lettere e interviste rilasciate dagli stessi prigionieri, non documentano la condizione dei prigionieri quanto invitano piuttosto a riflettere sul concetto stesso della pena di morte.

Come ben spiegato da Daniele Pitteri, direttore del complesso museale senese, l’autrice trasfigura i suoi particolari soggetti e la condizione che li contraddistingue. Entrando in forte empatia con queste esistenze sospese, Luisa Menazzi Moretti “le compenetra, le filtra attraverso la propria sensibilità e le rimanda, trasfigurate appunto, sotto forma di immagini che non raccontano, ma che danno forma ai pensieri, alle sensazioni e alle emozioni provocate in lei dai pensieri, le sensazioni e le emozioni non di reietti a scadenza, ma di esseri umani che, nonostante tutto, esistono“.