A Milano, il racconto fotografico dell’ascesa politica di Trump

4 Maggio 2017


In occasione delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, il fotografo Christopher Morris, tra i fondatori dell’agenzia VII e profondo conoscitore della società nordamericana, ha scelto di concentrare il proprio sguardo sui sostenitori di Donald Trump. Il risultato della sua indagine è un corpus di opere che delinea un ritratto contemporaneo del Paese.
Tale lavoro approda a Milano in una mostra appena inaugurata presso LINKE. Printing lab and Gallery, con la curatela di Alessia Glaviano, senior photo editor di Vogue Italia e L’Uomo Vogue e web editor di Vogue.it.

L’esposizione è un invito a riflettere sulla teatralità della retorica politica, destinando attenzione anche alle contraddizioni e ai fanatismi degli elettori. Oltre alle fotografie, tra cui una sequenza di ritratti in bianco e nero del Presidente che si colloca a metà strada tra il caricaturale e l’inquietante, sono presenti alcuni video in slow motion.

Realizzati impiegando la Phantom Miro – una camera mai utilizzata prima per la documentazione di eventi politici, in grado di riprendere ad una velocità di 720 frames al secondo – vengono riprodotti a una velocità di 24 frames al secondo. Questa modalità restituisce la realtà con esiti “quasi spettrali”, sulle quali si è soffermata la stessa curatrice. Alessia Glaviano ha infatti sottolineato: “Se il video fosse a velocità reale sarebbe semplicemente una cronaca e la situazione sarebbe leggibile per quello che è; rallentandolo, i singoli movimenti si decontestualizzano, si sganciano dalla narrazione di fondo (la campagna ecc.) e si mostrano per quello che sono, nella loro idiozia. Ogni gesto assume una qualità teatrale, e come nel teatro qualsiasi movimento diventa ipersignificante. Il suono, così come il ritmo rallentato, danno ai video una dimensione epica. Sono ipnotici, non puoi smettere di guardarli, senza alcuna aspettativa sulla “trama”: non ti aspetti un inizio, uno svolgimento e una fine ma vieni totalmente assorbito dal tempo dilatato della rappresentazione, vedi i gesti ma non senti i discorsi; in questo modo i gesti assumono più potere ma meno significato, non si sa a cosa farli corrispondere, il dito puntato di Trump diventa Trump stesso, così come le mani aperte di Hillary”.

Il pluripremiato fotografo – tra i riconoscimenti ottenuti si segnalano la Robert Capa Gold Medal, due Infinity Awards per il fotogiornalismo dall’International Center of Photography di New York e diversi premi al World Press Photo – sarà a Milano per l’occasione. Nei giorni che seguiranno l’inaugurazione terrà un workshop indirizzato agli appassionati di fotografia e focalizzato sulla necessità di definire una visione personale nell’osservazione e riproduzione della realtà.