La rivista scientifica Nature ha rivelato, in due articoli pubblicati di recente, una scoperta che potrebbe incidere con forza sulle conoscenze relative all’origine dell’uomo. E nella comunità scientifica si riaccende il dibattito: in quali aree dell'Africa è nata l'umanità?
Alcuni resti fossili rinvenuti in Marocco, risalenti a 300mila anni fa, potrebbero riscrivere la storia della specie umana. Le conoscenze sulla comparsa dell’Homo sapiens, infatti, si fondavano finora su una serie di ritrovamenti avvenuti tutti in Africa orientale, nel territorio dell’attuale Etiopia. Nel 2013, fossili datati intorno a 160mila anni fa furono scoperti in quell’area e, dopo poco, dallo stesso territorio emersero ulteriori testimonianze relative a 195mila anni fa: all’epoca gli specialisti concordarono in larga parte sul fatto che fossero i più antichi resti relativi all’Homo sapiens.
A riaccendere il dibattito arrivano ora i primi esiti delle analisi condotte da Jean-Jacques Hublin dell’Istituto Max Planck per l’antropologia evoluzionistica di Lipsia, in Germania, su alcuni frammenti ossei e pietre lavorate rinvenuti negli anni Sessanta nelle vicinanze di una miniera a Jebel Irhoud, in Marocco (. Rispetto alle prime indagini, che fissarono la datazione intorno a 40mila anni fa, gli strumenti attuali e una serie di nuove ricerche direttamente sul luogo della scoperta hanno consentito a Hublin di collocare molto indietro nel tempo i reperti.
In particolare, l’impiego della tecnologia della datazione a termoluminescenza – metodo che consente di rilevare quando un materiale è stato sottoposto ad alte temperature – ha evidenziato come le selci scoperte furono bruciate 300mila anni fa.
Se così fosse, significherebbe che un’ampia porzione del continente africano, non solo un’unica area, ha fatto da culla alla civiltà umana. Secondo Hublin e il suo team, infatti, l’evoluzione dell’Homo sapiens sarebbe avvenuta in un territorio più esteso rispetto a quanto ritenuto fino ad oggi, con modalità complesse e all’interno di una pluralità di gruppi dislocati in varie zone.
Una teoria che sta quasi spaccando la comunità scientifica di riferimento, con un prevalente invito alla prudenza e alla comparazione di ulteriori informazioni.