Architetture impossibile e visionare, prospettive affascinanti di Roma e delle sue testimonianze archeologiche: una mostra raccoglie oltre 200 capolavori del grande artista veneziano Giovan Battista Piranesi, tra i protagonisti del Settecento europeo.
Muoversi tra le grandi Vedute di Roma, tra prospettive architettoniche amplificate di celebri palazzi e spazi pubblici, tra visioni utopiche dalle quali emerge l’influenza del Tiepolo, tra suggestive ricostruzioni di antichità e rovine: si propone come un’esperienza dalla notevole carica visiva, la mostra Piranesi. La fabbrica dell’utopia, ospitata nelle sale del Museo di Roma di Palazzo Braschi, nel cuore della Capitale, fino al 15 ottobre prossimo.
Curata da Luigi Ficacci e da Simonetta Tozzi, la rassegna riunisce oltre 200 opere grafiche che contribuiscono a tracciare il profilo di un artista che seppe interpretare il gusto della sua epoca, sospesa tra la riscoperta del passato e il desiderio di novità. Vissuto tra il 1720 e il 1778 e originario del Veneto, Giovan Battista Piranesi lega la propria fama all’attività di incisore e di architetto e alla sua passione per la riscoperta dell’archeologia. Nella settecentesca cornice di Palazzo Braschi – ultima dimora eseguita su committenza papale per volere di Pio VI Braschi – la sua attività viene restituita con un’accurata selezione di opere. A queste si deve la sua notorietà come incisore all’acquaforte e come punto di riferimento per l’intera cultura figurativa del Settecento europeo.
Per l’occasione sono arrivate a Roma dalla Fondazione Cini le realizzazioni tridimensionali di alcune invenzioni piranesiane mai realizzate, ricavate dal ricchissimo repertorio delle Diverse Maniere di adornare i Cammini (1769) o di alcuni pezzi antichi, riprodotti e divulgati da Piranesi, tra cui il celeberrimo tripode del Tempio di Iside a Pompei, considerato un capolavoro dell’arredo in stile neoclassico e Impero.
Integrano il percorso espositivo alcuni marmi, oggi conservati nelle collezioni della Sovrintendenza Capitolina, derivati dalla celebre Forma Urbis severiana – la prima pianta di Roma fatta scolpire su pietra da Settimio Severo che Piranesi tentò di ricostruire nella sua originaria composizione – e una sala “immersiva”.
Quest’ultima, in particolare, è stata realizzata grazie al contributo e alla tecnologia del Laboratorio di Robotica Percettiva, dell’Istituto TECIP – Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Al suo interno, le celebri prigioni piranesiane vengono restituite in un’affascinante versione tridimensionale: una modalità che permetterà di godere di queste visioni, contraddistinte da una dimensione fantastica e irreale.
Piranesi La fabbrica dell’utopia, inoltre, non rinuncia a estendere il proprio orizzonte anche sulla produzione architettonica dell’artista: nel percorso sono infatti incluse restituzioni fotografiche della chiesa di S. Maria del Priorato, unica realizzazione architettonica lasciataci da Piranesi, immortalata dall’obiettivo di Andrea Jemolo.
[Immagine in apertura: Giovanni Battista Piranesi, Arco di Tito, 1756-1760, acquaforte, Museo di Roma]