Uno dei più tragici capitoli della storia italiana, ovvero la Grande Guerra combattuta sulle Alpi, viene raccontato in una mostra ad alto impatto visivo. Dove le fotografie di Stefano Torrione si accompagnano a immagini d'epoca e mappe, ricreando alla Fabbrica del Vapore il paradosso esistenziale di un'estrema violenza perpetrata sullo sfondo immutabile di paesaggi alpini di rara bellezza.
La Prima Guerra Mondiale fu anche una guerra di montagna: difficilmente, nella storia dell’umanità, è successo che si combattesse a 3mila metri – e più, in alcuni casi – al di sopra del livello del mare. Eppure, durante la Grande Guerra gli eserciti del Regno d’Italia e dell’Impero Austro-Ungarico si diedero battaglia proprio sulle vette delle Alpi centro-orientali; tra Lombardia, Trentino Alto-Adige e Veneto, lungo i picchi e i ghiacciai dell’Adamello come della Marmolada.
Con la guida di Marco Gramola, presidente della Commissione storica della SAT, il fotografo Stefano Torrione si è avventurato in questi luoghi proprio alla ricerca delle tracce, tuttora presenti, lasciate dai soldati di entrambi i fronti.
Costretti a vivere in condizioni proibitive in baracche e trincee, percorrendo passerelle affacciate sul vuoto o gallerie scavate nella viva roccia; sullo sfondo di un paesaggio, quello alpino, la cui millenaria bellezza forse fu vissuta come una tragica beffa, da chi si trovava a morire in un ambiente che non mostrava alcuna pietà di fronte alla fragilità umana.
Fino al 5 novembre, negli spazi della Fabbrica del Vapore di Milano proprio questo paradosso – il dramma storico che si fonde alla magnificenza di uno scenario sublime – verrà riproposto in tutto il suo impatto visivo attraverso 70 immagini in grande formato, che Torrione accompagna con mappe esplicative e una selezione di fotografie d’epoca.
Negli stessi scatti dell’autore, pubblicati per la prima volta sul numero di marzo 2014 di National Geographic Italia, i visitatori potranno ritrovare tutta una serie di manufatti, architettonici e non, riaffiorati con il ritiro dei ghiacciai dopo essere rimasti intrappolati tra i loro cristalli per un secolo. Tra fucili e scarponi, scalette di legno e scatolette di sardine, a emergere sono i segni di un passato che, attraverso la mediazione dell’obiettivo, torna a parlarci di un’epoca di violenza e gesta di disperato coraggio.
[Immagine in apertura: Gruppo Adamello – Cresta Croce, cannone italiano 149 G, innalzato a Cresta Croce per appoggiare l’attacco e la conquista del Corno di Cavento. Fotografia di Stefano Torrione]