Il memoir scritto da Natasha Fraser-Cavassoni, l'assistente di Andy Warhol, ripercorre gli ultimi giorni di vita dell'artista. A emergere è anche la sua ricerca della fede.
Più di trent’anni fa, il 10 aprile 1987, Yoko Ono, Richard Gere, Roy Lichtenstein, Calvin Klein, Raquel Welch e molte altre personalità del panorama artistico e culturale internazionale si ritrovarono nella cattedrale di St. Patrick, a New York, per commemorare uno dei giganti dell’arte del Novecento: Andy Warhol, scomparso qualche mese prima. I ricordi di quella celebrazione e le parole spese in omaggio al grande artista danno il via al memoir After Andy, realizzato da Natasha Fraser-Cavassoni, scrittrice e giornalista nonché ultima persona assunta da Warhol nel suo studio.
In questo volume, la ex assistente punta i riflettori sulla religiosità dell’artista e sulla presenza, intorno a lui, di numerose persone di fede cattolica. “Quasi tutti coloro che hanno avuto un ruolo rilevante nella sua vita erano cattolici” ‒ ha precisato l’autrice in un articolo pubblicato su rollingstone.com, portando come esempi Paul Morrissey, Fred Hughes, Bob Colacello, il fotografo Christopher Makos e Vincent Fremont. Al “peso” esercitato da queste figure va inoltre a legarsi la “svolta radicale” del 1968, quando Warhol rischiò di morire per mano della scrittrice Valerie Solanas.
Stando alla lettura fornita da Fraser-Cavassoni, la personalità dell’artista non può essere compresa senza tenere in considerazione “l’influenza primordiale del cattolicesimo” che lo condusse verso forme di devozione e manifestazioni di gratitudine, in particolare dopo essere sopravvissuto al tentato omicidio. Un atteggiamento che in parte trovò spazio anche nella sua produzione, come ricorda ancora l’autrice, invitando a cogliere, tanto negli autoritratti quanto nelle opere che raffigurano Marilyn Monroe e Jackie Kennedy, “una qualità eterna a ogni soggetto“.