C'è tempo fino al 10 ottobre prossimo per immergersi nelle suggestioni della mostra "Amori divini", il cui percorso espositivo analizza il mito greco, a partire da narrazioni ricche di seduzione e metamorfosi.
Provenienti dai siti vesuviani, dalla Magna Grecia e da alcuni tra i più prestigiosi musei internazionali – tra cui l’Hermitage di San Pietroburgo, il Musée du Louvre di Parigi, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles e il Kunsthistorisches Museum di Vienna – le circa 80 opere della mostra Amori Divini danno vita a un’affascinante lettura dei miti greci.
A fare da cornice a questa narrazione è il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, con un allestimento appositamente progettato, per le sale attigue al salone della Meridiana, dallo studio di architettura e trasformazioni territoriali stARTT formato da Simone Capra, Claudio Castaldo, Francesco Colangeli e Dario Scaravelli.
Due sono gli aspetti salienti del nutrito corpus di storie che dall’Antica Grecia sono giunte fino a noi, ispirando generazioni di artisti e letterati: la seduzione e la trasformazione.
In particolare, tra gli elementi ricorrenti dei miti antichi rientra la metamorfosi che ha come oggetto almeno uno dei protagonisti: uomini o divinità, a seconda dei testi, mutano la propria fisionomia assumendo la forma di un animale, una pianta, un oggetto o un fenomeno atmosferico.
A partire dalla letteratura e dall’arte greca, il percorso esamina i successivi risvolti e le trasposizioni avvenute anche in epoche più recenti. Per questo, accanto a manufatti antichi di soggetto mitologico – come pitture parietali e vascolari, sculture in marmo e in bronzo, gemme e preziose suppellettili – ciascuno dei miti analizzato viene presentato anche mediante lavori eseguiti in periodi successivi.
In particolare, la mostra si concentra sulle interpretazioni fornite nel XVI e XVII secolo, da artisti quali Baccio Bandinelli, Bartolomeo Ammannati, Nicolas Poussin, Giambattista Tiepolo e altri ancora: i loro lavori consentono anche di cogliere la fortuna del mito greco lungo tutta la storia.
“Dopo la mostra Egitto Pompei, che nel 2016 ha permesso la riapertura della Sezione Egizia, per ogni esposizione il MANN rivela un nucleo di opere dalla collezione permanente – ha dichiarato il direttore del museo Paolo Giulierini. – Seguendo questa metodologia, andremo avanti con nuove mostre e parallele riaperture, fino a restituire al museo quella grandezza assoluta che gli viene riconosciuta a livello mondiale.”
Curata da Anna Anguissola e Carmela Capaldi, con Luigi Gallo e Valeria Sampaolo, promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, l’esposizione resta aperta al MANN fino al 10 ottobre prossimo.