Sportiva o sensuale, elegante o acqua e sapone: la femminilità contemporanea è una questione che chiama in causa innanzitutto il linguaggio del corpo. Condizionandolo, in pose e gesti proposti dalla stessa società in cui viviamo attraverso pubblicità, entertainment, sport. In una performance al Museo del Novecento di Milano, Alexandra Bachzetsis mette in scena una moltitudine di personaggi e altrettanti stereotipi.
Le sere di martedì 28 e mercoledì 29 novembre, al Museo del Novecento di Milano si terrà un nuovo appuntamento concepito dall’istituzione con la Fondazione Furla: Time after Time, Space after Space è infatti la prima edizione di Furla Series, progetto curato da Bruna Roccasalva e Vincenzo de Bellis per la realizzazione di mostre ed eventi dedicati ad alcuni tra i più significativi artisti nazionali e internazionali.
Ospite di questa settimana è infatti Alexandra Bachzetsis, artista e coreografa svizzera, di origini greche, che per l’occasione presenta per la prima volta in Italia la performance Private: Wear a mask when you talk to me (2016).
Al centro di questo intervento, come di tutta la produzione artistica della Bachzetsis, è il linguaggio del corpo: come la parola e qualsiasi altra “grammatica” umana, l’artista ritiene che anche questa istintiva forma di espressione sia fortemente condizionata, sin negli atteggiamenti quotidiani e individuali, da stereotipi e cliché condivisi dalla cultura popolare.
Da performer e da donna, Alexandra Bachzetsis analizza cosa significhi “essere femminili” nella società contemporanea, rielaborando e proponendo criticamente al pubblico tutta una serie di posture e gesti ormai sottoposti a convenzioni sociali.
In questa performance della durata di quasi un’ora, l’autrice – unica protagonista – interpreta personaggi di volta in volta differenti, attingendo allo sport – il football americano – come alla musica pop – Michael Jackson – fino ad arrivare alla pubblicità e persino al porno. Letteralmente mostrando al pubblico, gesto dopo gesto, posa dopo posa, quanto complessa, dinamica – e impegnativa, forse – sia l’identità di genere nel nuovo millennio.